Nella 16esima frazione eliminata la salita finale per le manifestazioni pro-Pal, i corridori sono rimasti senza pullman e van di supporto, che erano a oltre 8 km
Corridori in mezzo alla strada, senza poter far niente, senza i bus e i van di supporto delle squadre, perché la comunicazione di Radio Corsa che la tappa si sarebbe conclusa ai piedi della salita era arrivata pochi minuti prima e certamente non era possibile mandarli contromano. La maglia rossa Vingegaard che taglia il traguardo in una stradina di campagna, là dove sarebbe dovuta iniziare l’ascesa finale, si mette la mantellina nera che gli passa la sua ammiraglia e poi resta, braccia conserte, a chiacchierare e parlare con i suoi compagni e gli altri corridori come se fosse la fine di un allenamento. In attesa dell’arrivo dei mezzi delle proprie squadre. E siamo in Galizia, clima freddino, il rischio anche di ammalarsi. È questa la Vuelta a cinque giorni dalla conclusione di Madrid.
la tappa
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Tappa 16, arrivo in salita a Castro de Herville, appena 48” tra la maglia rossa Vingegaard e il suo rivale Almeida. Ma ci sono ancora proteste dei manifestanti pro Palestina, tronchi in mezzo alla strada, clima tesissimo in corsa e fuori, impiego quotidiano di centinaia di agenti per garantire la sicurezza dei corridori che si trovano schiacciati in un caso politico molto più grande di loro. Per la quarta volta la direzione della Vuelta è costretta a prendere la decisione di modificare il percorso, di tagliare parti di tracciato: oggi salta la salita finale per il rischio di non arrivare in cima per le proteste contro il team Israel, che sta correndo e ha ribadito di non avere alcuna intenzione di lasciare la Vuelta.
clima surreale
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L’imbarazzo degli organizzatori e dell’Uci, la federciclo mondiale, che non possono escludere la squadra che ha il diritto sportivo di essere al via. Un clima surreale per il terzo grande giro, a cinque giorni dalla fine. La linea d’arrivo poco prima dell’arco degli 8 km, con il rischio che venisse preso come punto di riferimento per la vittoria di tappa proprio l’arco e non quella linea bianca, piccola e sbiadita, in mezzo alla strada, dove era stata messa la telecamera del fotofinish. La sensazione netta di una vittoria dimezzata, quella di Egan Bernal, il colombiano che tre anni fa rischiò di morire per un incidente in Colombia. Va in fuga con lo spagnolo Mikel Landa e lo batte in uno sprint surreale in salita: a febbraio aveva vinto i campionati nazionali colombiani, ma non alzava le mani in una gara internazionale dal 30 maggio 2021, quando in piazza del Duomo si vestì con la maglia rosa finale del Giro d’Italia.