"Uno strumento davvero potente per progettare tutto quello che vogliamo far fare alla biologia": così veniva presentata la prima cellula sintetica ottenuta nel 2010 e da allora i passi verso la vita nata in laboratorio hanno avvicinato sempre di più questo obiettivo, ma per chi lavora in questo campo è arrivato anche il momento di riflettere e darsi delle regole. L'incontro è in corso in Gran Bretagna, ospitato dall'Istituto di Biotecnologie dell'Università di Manchester.
Arrivano dai maggiori centri di ricerca di tutto il mondo, i ricercatori che si confrontano su vantaggi e rischi delle tecnologie per realizzare forme di vita che non esistono in natura, ma che potrebbero avere ricadute importanti sulla società, come batteri capaci di liberare acqua e suolo da sostanze tossiche, e su come la ricerca sulla vita sintetica sta dialogando con intelligenza artificiale e robotica.
'Ingegneria e salvaguardia della vita sintetica' è il tema dell'incontro, in programma fino al 18 settembre e nel quale esperti di biologia sintetica si confronteranno con bioeticisti, esperti di sicurezza e di diplomazia scientifica. Quattro le sessioni previste, dedicate alle nuove tecnologie per ottenere cellule completamente sintetiche e dal Dna ridotto al minimo indispensabile alla sopravvivenza, alle possibili applicazioni e sviluppi a lungo termine, ai requisiti per un'innovazione responsabile, ai possibili cambiamenti che potranno arrivare dal dialogo fra vita sintetica, intelligenza artificiale e robotica.
Uno dei temi centrali è la cosiddetta 'vita-specchio', ossia la possibilità di ottenere molecole con un orientamento opposto rispetto a quello che hanno nella loro versione esistente in natura (un esempio è la specularità fra la mano destra e la sinistra). Questo le rende meno riconoscibili al sistema immunitario e quindi più efficaci se utilizzate come farmaci, ma nello stesso tempo potrebbero nascondere rischi per la salute e l'ambiente che sono ancora sconosciuti.
A sollevare la questione, nel dicembre 2024, era stato l'articolo pubblicato sulla rivista Science da 38 scienziati di fama internazionale, fra i quali il pioniere della vita sintetica Craig Venter. Nell'articolo, accompagnato da un rapporto di 300 pagine, si chiedeva lo stop allo sviluppo di batteri-specchio rispetto a quelle esistenti in natura, una pausa di riflessione dettata dalla precauzione.
Il confronto è quindi d'obbligo, considerando che non c'è attualmente un accordo nella comunità scientifica su dove tracciare i limiti per la ricerca sulla biologia speculare, rileva la rivista Nature sul suo sito.
La situazione ricorda da vicino quanto accadde nel 1975, quando i protagonisti degli studi che aprirono la strada alle biotecnologie si incontrarono nella conferenza di Asilomar per discutere rischi e vantaggi e per darsi delle regole. "Sebbene i batteri specchio siano ancora un concetto teorico e qualcosa che probabilmente non vedremo per qualche decennio, abbiamo l'opportunità di considerare e prevenire i rischi prima che si presentino", aveva dichiarato uno degli autori dell'articolo pubblicato su Science, Patrick Cai dell'Università di Manchester. "Aumentando la consapevolezza ora - aveva aggiunto - speriamo di guidare la ricerca in un modo che dia priorità alla sicurezza per le persone, gli animali e l'ambiente".
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