Van der Meyde: "L'Inter in Italia è la più forte. Chivu all'Ajax? Mi faceva da autista"

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Anche l'olandese è un doppio ex della sfida, proprio come il tecnico nerazzurro: "Era un leader nato già da ragazzo, ora ha fatto una scommessa e per vincerla deve lavorare sulla testa dei giocatori dopo la delusione della finale di Champions"

Filippo Conticello

Giornalista

15 settembre - 23:33 - MILANO

In una delle tante grandi nidiate dell’Ajax, all’inizio degli anni Duemila, sognavano entrambi i ragazzi di talento: il difensore romeno dall’altissima affidabilità e l’esterno olandese che era il suo contrario, inno alla imprevedibilità e alla follia. Dopo aver giocato assieme a Cristian Chivu per tre anni, Andy van der Meyde ha solo anticipato l’ex compagno in nerazzurro: due stagioni interiste dal 2003 al 2005, intense come fossero venti. Comunque vada, ad Amsterdam andrà a salutare il vecchio amico, anche perché per il 45enne Andy questo debutto di Champions accende ricordi: Ajax-Inter per lui è un sentimento acceso. 

Van der Meyde, sorpreso nel vedere Chivu su quella panchina? 

“Per me resterà sempre il capitano-ragazzo, un anno più giovane di me e già con la fascia a 21 anni. L’Ajax è un pianeta diverso da tutti, non si guarda mai la carta di identità, ma se sei così precoce hai certamente qualcosa di speciale. Cristian era un leader naturale nello spogliatoio, rispettoso, sempre sorridente: lo definirei un vero gentiluomo. All’inizio prendeva tanti cartellini rossi, ma poi è maturato. Come giocatore, poi, fortissimo: bravo in marcatura, veloce nell’uno contro uno, ottimo tiro dalla distanza col sinistro. Per il resto, mi portava in macchina quando non ce l’avevo, dal mio hotel allo stadio faceva lui da autista. Non mi stupisce che sia diventato allenatore: questi primi problemi fanno parte del mestiere, la sconfitta con la Juve è stata immeritata”. 

C’è una partita che la lega a lui? 

"Sì, i quarti contro il Milan nella Champions 2002-03. Finì 3-2 per loro all’ultimo minuto, con gol di Tomasson: una beffa atroce e immeritata. Noi giocammo benissimo, ma Chivu scivolò proprio nell’azione decisiva. Peccato, perché eravamo davvero forti. Alla fine abbiamo lasciato l’Olanda per l’Italia nello stesso anno: lui verso Roma e io verso Milano. Evidentemente, siamo sempre stati legati". 

Non pensa che sia arrivato all’Inter un po’ troppo presto? 

“Chi decide che sia troppo presto o no? Se questo mestiere lo hai dentro, non c’è un problema di tempo. Dal Parma all’Inter è sicuramente un grande salto, rischioso per tutti, ma credo che i dirigenti lo conoscano bene: si fidano e gli hanno dato fiducia. Resta una scommessa enorme, ma per me può vincerla se riesce a togliersi di dosso il passato. Da Thuram a Lautaro, fino a Calhanoglu che ho rivisto benissimo, in tanti devono dimenticare la fine della scorsa stagione”. 

Vede ancora incrostazioni del passato? 

"Sì, le ultime sconfitte le spiego così… La Champions è stata una delusione tremenda, con tutto il caos successivo, il vecchio allenatore andato via in quel modo e le polemiche sul mercato. Chivu inizia ora un tempo nuovo e deve lavorare sulla testa: ha giocatori forti per riprovarci, come gli attaccanti e gli esterni. Soprattutto uno…” 

Già, il suo amico Dumfries: ha fatto bene a restare? 

"Secondo me sì. Con un Mondiale alle porte, è importante giocare sempre. All’Inter ha il posto quasi assicurato e questo lo aiuterà anche in nazionale. Avrebbe potuto andare altrove, ma rischiava la panchina. Ora Denzel può restare protagonista, e dopo il 2026, forse, farà una nuova scelta. È un giocatore strategico e unico: segna più di un attaccante, fornisce assist, è fondamentale per l’Inter e per l’Olanda". 

Ci parli di questo Ajax, invece: come lo vede? 

"Male. Giocano un calcio bruttino, l’allenatore cambia formazione spesso e non c’è stabilità. Il centrocampo è statico, senza qualità tecniche, così i tifosi già si lamentano e dicono che non vedono più il vero calcio dell’Ajax. Purtroppo, hanno ragione. L’Inter può approfittarne e credo che lo farà. La qualità nerazzurra oggi è molto più alta, ma è superiore anche alle rivali in Italia, dal Napoli alla Juventus”. 

Chi sono i giocatori chiave da guardare con attenzione? 

“Weghorst e Bergwijn in attacco sono il test per la difesa dell’Inter che non sembra più forte come una volta. A centrocampo dico di guardare con attenzione Kian Fitz-Jim: volevano dare in prestito e invece quando gioca è il migliore. Poi Sutalo, molto forte, tornato recentemente, e Jaros, il portiere preso dal Liverpool che sta facendo bene. Brian Brobbey, che era stato al Lipsia, invece non mi ha ancora convinto: sembra insicuro. A proposito di Dna Ajax, in panchina c’è uno che lo conosce, come John Heitinga, altro ex nostro compagno: ai tempi miei e di Cristian era giovane e frenato dagli infortuni”. 

Ma alla fine dei conti, lei per chi tifa? 

"Un colpo al cuore, come faccio a non dire Ajax? Sono olandese e la Cruijff Arena è stata la mia casa. Ma anche l’Inter è l’altro grande amore della vita, ancora oggi in giro per il mondo c’è sempre qualche nerazzurro che mi si inginocchia davanti e fa il segno del fucile. Non so se i tifosi siano più affezionati a me o alla mia esultanza…”

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