Un pregiudizio da superare sull'autismo

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Uno dei primi criteri di definizione dei disturbi dello spettro autistico è il "deficit di comunicazione sociale e di interazione sociale". Eppure la comunicazione è uno scambio bidirezionale, che può essere influenzato da incomprensioni e (pre)giudizi. E se finora ci fossimo concentrati su una parte soltanto del discorso? Se il problema non fosse una qualche "mancanza" delle persone con autismo, ma piuttosto una diversità nei codici espressivi usati?

Secondo un nuovo studio, le persone con autismo non comunicano in modo meno efficace rispetto alle persone neurotipiche. Piuttosto, comunicano in modo diverso. Sarebbero queste differenze - e non una mancanza di abilità comunicative in chi è affetto da autismo - a complicare talvolta le relazioni sociali tra chi ha disturbi dello spettro autistico e chi non li ha.

Una visione sbilanciata. «La maggior parte della ricerca finora - scrivono i ricercatori dell'Università di Edimburgo nello studio, pubblicato su Nature Human Behaviour - ha assunto un modello deficitario dell'autismo, caratterizzando le differenze nella socievolezza e nella comunicazione autistiche come deviazioni dalla normalità che necessitano di rimedio. Questo modello, tuttavia, ignora la natura relazionale dell'interazione sociale e localizza la causa delle difficoltà di interazione sociale esclusivamente all'interno della persona autistica».

Le origini dello stigma. Le persone con autismo possono avere difficoltà nella lettura del linguaggio del corpo e nella lettura dei segnali sociali di un'interazione; possono comunicare in modo più diretto, avere una mimica facciale limitata, non riuscire a rispettare i turni di una conversazione, avere difficoltà a comprendere il cambiamento di modulazione del tono di certe parole o nel riprodurlo a loro volta.

Una visione negativa di prestazioni sociali considerate "non normative" rafforza il pregiudizio sull'autismo, finendo per isolare ulteriormente le persone che ne soffrono, riducendo le loro opportunità sociali e peggiorando la loro qualità di vita.

Ascolta e riferisci. Gli scienziati hanno testato la trasmissione di informazioni tra persone con autismo, tra persone neurotipiche e in gruppi con entrambe le componenti usando la tecnica della catena di diffusione - una sorta di "telefono senza fili" - replicando ed estendendo un precedente studio. Hanno coinvolto 311 persone, che hanno dovuto ascoltare una storia riferita da un ricercatore e raccontarla alla persona seduta accanto.

L'ultima persona della catena doveva ripetere la storia a voce alta, e gli scienziati hanno anche testato la quantità di informazioni presenti in vari "anelli" della catena per capire quanto fosse stato perso lungo il percorso.

Non sono state riscontrate differenze nel trasferimento di informazioni tra catene con neurotipo singolo (solo persone con autismo; solo persone neurotipiche) e misto (persone con o senza autismo).

Con chi ti sei trovato meglio? Quando però i partecipanti sono stati interrogati sul gradimento dell'esperienza, dovendo decidere quanto fosse stato piacevole, imbarazzante o facile lo scambio, le persone autistiche hanno detto di aver preferito comunicare con altre persone con autismo; e quelle non autistiche, con altre persone non affette da autismo. Per gli autori dello studio, ciò sarebbe dovuto alle diverse forme che la comunicazione assume in chi è affetto da autismo e in chi non lo è.

Differenze, non distanze. La ricerca è un invito a percepire gli stili di comunicazione nelle persone con autismo come una differenza e non come una forma mancante di qualcosa. Non come una sfera "da aggiustare" ma come un binario da agganciare là dove risulta distante, così da creare spazi e società più inclusive.

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