La leggenda serba lascia il parquet: "Trofei vinti e finali perse, rifarei tutto. Le critiche mi hanno motivato, i fischi mi hanno reso più forte"
26 giugno - 18:45 - MILANO
Il mago esce di scena. A 38 anni, dopo 21 stagioni da professionista, Milos Teodosic dice addio al basket giocato. Il playmaker serbo è stato uno dei migliori cestisti europei della sua generazione: la sua visione di gioco e la qualità nel passaggio l'hanno reso uno degli assistman più prolifici della storia, permettendogli di giocare in squadre di altissimo livello come l'Olympiacos, il Cska Mosca, i Los Angeles Clippers, la Virtus Bologna e, infine, la Stella Rossa. In questi anni è riuscito a vincere un Eurolega con i russi e diversi campionati nazionali coi rispettivi club, senza invece incidere in Nba a causa di diversi infortuni. L'aura di Teodosić, però, è diventata grande con la nazionale: grazie al suo contributo, la Serbia ha conquistato l'argento agli Europei del 2009, ai Mondiali del 2014 e alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. Ora il tempo ha bussato e l'illusionista deve lasciare il parquet ai giovani. Ma la sua avventura col basket non è finita qui.
la lettera di ritiro
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Ecco le parole di saluto di Milos Teodosic: “Cari amici, rispettati appassionati e intenditori di pallacanestro, prima di tutto, grazie per 30 anni di battaglie condivise, gioie, felicità e dolori. È arrivato il momento per me di dire addio a una fase del mio amore per il gioco magico che si gioca sotto i canestri. Alle mie spalle — alle nostre spalle — ci sono anni pieni di passione, lotta e sacrificio. Ci sono stati trofei vinti, ma anche finali perse. Tutto fa parte del basket, e fa parte della vita. E non cambierei nulla. Rifarei tutto allo stesso modo, ancora una volta! Grazie alla mia gente di Valjevo, alla mia Serbia, e a tutti gli allenatori dai quali ho avuto il privilegio di conoscere questo gioco. Non l’ho (ancora) conosciuto completamente. Il basket e io continueremo a scambiarci conoscenze ed esperienze ancora a lungo — fino alla fine della mia vita. Non voglio nominare singoli individui, momenti decisivi o partite fondamentali… perché ognuno di quei “dettagli” — ogni allenatore e ogni compagno di squadra — è stato importante per la mia carriera. La mia gratitudine più profonda va alla mia famiglia. Sono il mio più grande orgoglio. Ultimamente ho capito che il tesoro più grande della mia carriera da giocatore è questo: avrò qualcosa da mostrare ai miei figli! Basta che crescano ancora un po’… Nei loro occhi, e per loro, io sono e sarò sempre il più realizzato. Non voglio commettere un fallo personale alla fine, quindi ecco un messaggio collettivo: grazie infinite a ogni singolo compagno di squadra — davvero a ognuno di voi. Mi avete reso un giocatore migliore. Lo ricordo bene. Tutti giochiamo per i tifosi, e grazie a loro. Quindi, un sentito grazie anche a loro. Ho apprezzato gli applausi e il sostegno. Le critiche mi hanno motivato, i fischi mi hanno reso più forte. A prescindere dalla fedeltà di club, un tifoso merita sempre rispetto da parte di noi che scendiamo in campo per lui. Durante la mia carriera non ho letto molti commenti né dato troppo peso ai social, ma ho sentito ogni respiro sugli spalti — e ogni silenzio. È lì che nasce l’ispirazione. È quello che ti spinge a diventare migliore. E ora, senza allontanarmi troppo da ciò che sono — e chi mi conosce sa che raramente mostro molte emozioni in pubblico — sento comunque il bisogno di condividere questo: sono orgoglioso di aver concluso la mia carriera in un club che occupa un posto speciale nel mio cuore. Quanto al mio amore per la Serbia, per aver indossato il suo stemma e giocato sotto il tricolore amato — ho già detto tutto quello che c’era da dire in campo. Nessuna parola può davvero descrivere quella sensazione unica, meravigliosa, che continua a brillare dentro di me. La mia patria sarà sempre la cosa più importante e più amata per me. Ancora una volta grazie, basket. Ci rivedremo, solo senza scarpe da ginnastica, maglia o pantaloncini.”
La Gazzetta dello Sport
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