Tensioni tra gli alleati sulla cittadinanza. Forza Italia: 'E' nel programma'

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Dopo le scintille sotterranee sull'aumento dei pedaggi autostradali, con l'emendamento di maggioranza prima presentato e poi ritirato, gli alleati di governo tornano a litigare sullo ius scholae. Antonio Tajani, in particolare, risponde indirettamente alle parole della premier Giorgia Meloni, che aveva sottolineato come la cittadinanza non fosse "tra le priorità indicate nel programma", sostenendo esattamente il contrario. La riforma dello Ius Italiae "è assolutamente in sintonia con il programma del centrodestra" che "all'articolo 6" parla di "integrazione". Inoltre, rimarca sempre il leader di FI, "nella scorsa legislatura, anche Fratelli d'Italia era favorevole" al percorso di dieci anni di istruzione come viatico per diventare cittadini italiani.

Dichiarazioni a cui ribatte duramente la Lega ("Se Tajani vuole, se ne riparlerà forse fra dieci anni. Con noi per diventare italiani non possono esserci scorciatoie di alcun tipo"), mentre FdI risponde con il silenzio. Non servono polemiche, è il mantra che ripete più di un meloniano. Sottotesto: l'esito dei referendum parla chiaro, passiamo oltre. Ma il vicepremier azzurro tira dritto e, pur sottolineando che che la priorità ora è la riforma della giustizia, ribadisce la volontà di portare il testo dello 'Ius Italiae' in Aula: "Vogliamo aprire un dibattito a livello parlamentare" e "non c'entra nulla il governo". Ma i leghisti non sono della stessa opinione: "Altro che Ius Scholae, avanti tutta con pace fiscale, rottamazione delle cartelle e flat tax!", il post con cui i salviniani avviano lo scontro di giornata. Arricchito, nel corso delle ore dalle argomentazioni di Claudio Borghi e Fabrizio Cecchetti: "Con la Lega al Governo, la priorità resta la nostra gente. Lo ius scholae lo lasciamo a chi sogna un Paese senza identità e senza regole". Ad inserirsi nel dibattito sulle priorità dell'esecutivo interviene, da Fratelli d'Italia, il viceministro Maurizio Leo che pone paletti ben precisi alla Lega: sulla rottamazione "non è che siamo contrari", ma ormai è una questione per la prossima legge di bilancio perché "il perimetro finanziario del 2025 si è esaurito", "la rottamazione si può fare, ma non deve essere erga omnes", bensì rivolta solo a chi si trova veramente in difficoltà.

Tajani rilancia sul taglio dell'Irpef per il ceto medio: la battaglia - promette - partirà dopo l'estate (periodo in cui FI si concentrerà sul dossier sanità). E si abbinerà ad un'iniziativa sulla giustizia civile "perché la lentezza del processo civile ci costa il 2-3 % del Pil", soldi con cui "si possono fare tante altre cose: abbassare le tasse, alzare i salari".

Sullo sfondo resta la polemica - interna ed esterna alla maggioranza - sull'aumento dei pedaggi autostradali contenuto in un emendamento al dl Infrastrutture, prima presentato dai relatori e poi ritirato. Una vera e propria patata bollente per il governo Meloni che ha creato frizioni tra FdI e Lega sulla paternità della misura e che ha visto le opposizioni salire sulle barricate contro la "nuova tassa sulle vacanze". "Mi pare un problema risolto, ma noi non siamo stati coinvolti", si tira fuori Tajani. Mentre la segretaria del Pd Elly Schlein, nell'annunciare il ritiro ufficiale dell'emendamento della discordia, mette il dito nella piaga: "Giorgia Meloni si impegni a non presentare più l'aumento dei pedaggi per gli italiani nemmeno sotto altre forme, anche nei prossimi provvedimenti. E se ci riproveranno, li fermeremo di nuovo". Dal M5s Giuseppe Conte si dice certo che il governo "riproverà ad infilare nuove tasse e rincari nei conti delle famiglie già alla canna del gas. Pensano che le persone siano stupide. Manteniamo alta la guardia".

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