Nuovo round nella battaglia
giuridica sulla legge regionale 20 della Sardegna che ha
definito le aree idonee e non a ospitare impianti da fonti di
energia rinnovabile, recependo le direttive dei decreti del
Mase. A gennaio scorso era stato il governo a decidere di
impugnare e portare davanti alla Corte costituzionale la norma
perché ritenuta lesiva di tre articoli della Carta.
Ora a confermare la necessità che sia la Consulta a
sciogliere il nodo sono tre ordinanze pubblicate nei giorni
scorsi dal Tar Sardegna (la 598, 599 e 600) con cui sospende il
giudizio sui ricorsi presentati dalla società EF Agri Società
Agricola. In sintesi i giudici amministrativi cagliaritani
sottolineano che potrebbe essere illegittimo il potere delle
Regioni di normare le aree non idonee con lo strumento
legislativo anziché con atto di pianificazione regolamentare,
come invece previsto dal decreto ministeriale del 10 settembre
2010. Il divieto assoluto di realizzazione di impianti, senza
istruttoria specifica e senza valutazione caso per caso, si
legge in sintesi, "viola il principio di proporzionalità e
appare in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla
normativa statale e con gli obblighi derivanti dal quadro
normativo europeo che mira a promuovere una rapida e diffusa
transizione verso fonti energetiche sostenibili".
La società Ef Agri aveva presentato istanza di valutazione
impatto ambientale (VIA) per un progetto di impianto
agri-voltaico nei comuni di Solarussa e Zarfaliu (Oristano) che
la Regione aveva prima sospeso, a settembre 2024 utilizzando la
cosiddetta moratoria (la legge 5 approvata nello stesso anno).
Da lì i primi ricorsi, poi l'aggiornamento della normativa con
la legge 20 e l'ulteriore richiesta al Tar, da parte della
società energetica, di annullamento della norma. La decisione è
arrivata nei giorni scorsi con un rinvio alla Consulta.
A commentare la notizia è anche il Wwf che invita nuovamente
la Regione Sardegna a rivedere gli strumenti normativi adottati,
"superando rigidità eccessive che rischiano di compromettere gli
obiettivi della transizione energetica". "Secondo il Tar, la
legge regionale non si è limitata a individuare le aree idonee -
ha scritto in una nota l'associazione ambientalista -, ma ha
imposto un divieto assoluto e generalizzato nella maggior parte
del territorio sardo, qualificato come area 'non idonea',
impedendo la valutazione concreta degli interessi pubblici
coinvolti. Questo certamente a svantaggio delle future
generazioni e in potenziale violazione dell'art. 9 della
Costituzione".
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