Stop alle auto benzina e diesel dal 2035, ora il divieto è in bilico: gli scenari

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Partita ufficialmente la revisione delle norme che vedono un futuro esclusivamente elettrico fra 9 anni: Ursula von der Leyen apre ai combustibili sintetici e di origine agricola, ma la vera battaglia è sullo spostamento del bando ai motori termici al 1° gennaio 2040

Gianluigi Giannetti

25 ottobre - 08:20 - MILANO

In una frase la fine di un’epoca, a patto di tradurla dal linguaggio della politica ad una verità che interessa tutti. "I leader Ue accolgono con favore l'intenzione della Commissione europea di portare avanti già entro la fine di quest'anno la revisione del regolamento sulle emissioni di CO2 che prevede lo stop nel 2035 alla vendita di nuovi veicoli a benzina e diesel". Dalla nota conclusiva del vertice tra i governi dei Paesi membri (i cui capi si sono riuniti il 23 ottobre a Bruxelles nel Consiglio europeo) arriva la considerazione più semplice e concreta immaginabile, cioè il riconoscimento formale da parte delle istituzioni europee che le vendite di auto elettriche non stanno crescendo con la progressione necessaria a giustificare il blocco alla commercializzazione di vetture con motore termico dal 1° gennaio 2035, come deciso dal piano Fit for 55 presentato nell’ormai lontano 14 luglio 2021 e approvato nel 2023. Traducendo, Bruxelles è sul filo di lana, tra il non voler perdere la faccia e doversi arrendere all’evidenza. "I Paesi membri chiedono la rapida presentazione della proposta tenendo conto della neutralità tecnologica", prosegue ancora la nota, investendo così per la prima volta formalmente il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen del compito di allestire una potenziale retromarcia rispetto a quanto lei stessa ha proposto e fatto approvare negli anni scorsi. Quella che nel linguaggio della politica è una "ridiscussione", per il cittadino comune diventa una domanda: che succede ora?

Al lavoro dal 4 novembre

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Come noto, il piano Fit for 55 comprendeva già una review stage, una clausola di revisione che obbligava entro dicembre 2026 la Commissione "a monitorare il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante e di energia". Bruxelles “poteva” valutare i progressi compiuti verso il raggiungimento della riduzione delle emissioni del 100%, tenendo conto dei ritardi nella realizzazione di una rete di ricarica elettrica, oltre che dell'impatto sociale della transizione energetica sull'industria automobilistica e su quella della componentistica. Ora questo passaggio diventa obbligatorio, e viene attivata con addirittura 12 mesi di anticipo, con un calendario piuttosto serrato. La Commissione deve allestire le sue proposte entro il 4 novembre, data del Consiglio Europeo dedicato all’ambiente. Nella lettera inviata ai leader dei Paesi membri in preparazione del vertice, la stessa Ursula von der Leyen aveva riconosciuto che c’è pressione sulle scadenze, con l'intenzione di "accelerare la revisione del regolamento entro la fine di quest'anno", con tempi tecnici di approvazione entro il marzo 2026. A patto di convergere rapidamente su una unica direzione, questo è chiaro.

Il bersaglio grosso

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Se tutti i governi nazionali saranno rappresentati il 4 novembre, è un fatto che non a tutti saranno gradite le medesime risposte. L’unanimità per modificare le regole non è tecnicamente necessaria, ma comunque non esiste. Francia e Spagna hanno già chiarito di essere contrarie a qualsiasi forma di deviazione da obiettivi della transizione ecologica, cioè "zero deroghe" rispetto allo stop alla vendita di auto a benzina e diesel dal 2035, con una sostanziale resistenza a ridiscutere l’auto elettrica come unica strada da percorrere. Diametralmente opposte le posizioni di Germania e Italia, riconosciute finalmente in modo espresso anche dalla von der Leyen, che ora valuta "il ruolo dei carburanti a zero e basse emissioni nella transizione verso un trasporto su strada a zero emissioni oltre il 2030". Dunque la presidente dell'esecutivo comunitario cita gli e-fuel di origine sintetica sostenuti da Berlino, ma anche "i biocarburanti avanzati" che vengono dall’agricoltura energetica, difesi da Roma. Tutto così semplice? Come in tutte le grandi trattative politiche, la verità non può trasparire affatto dalle prime dichiarazioni, tanto che il bersaglio grosso è altrove. Il 12 settembre scorso il presidente Ursula von der Leyen ha ricevuto l’associazione dei costruttori automobilistici europei Acea e quella dei fornitori di componentistica, la Clepa. Si sono lasciati precedere da dichiarazioni che valgono il vero argomento del contendere: "Raggiungere i rigidi obiettivi per il 2035, nel mondo odierno, non è più fattibile". Rallentamento dell’economia nell’area europea, tensioni Usa-Cina e molte altre variabili condiscono quello che però è il fatto più crudo. Il parco circolante in Europa conta ormai 260 milioni di vetture, ma con una età media di 10 anni. Numeri che espongono ormai anche le intransigenti Francia e Spagna al rischio di un forte scontento sociale qualora sostenessero la transizione obbligatoria verso l’elettrico senza rallentamenti. Al centro del mirino dell’intera discussione c’è lo spostamento al 1° gennaio 2040 del limite alla vendita di veicoli a benzina e diesel. Può sembrare presto per scoprire le carte, ma è ufficiale e lampante che sia questa la partita, ed è già un rischio per chiunque chiamarsi fuori.

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