Il direttore creativo di Woolrich, brand statunitense della famosa camicia Buffalo Check, si racconta: "Lo sport plasma la mia prospettiva. Un archivio di 190 anni è una bussola, non una gabbia"
Certe sfide sono più importanti di altre. È passato un anno e mezzo da quando Todd Snyder ha preso il volante da Global Creative Director di Woolrich, la storica azienda americana da sempre legata alla lana e all’abbigliamento outdoor. Lo stilista di Ames, Iowa, Stati Uniti ci racconta come sta andando: “Quando costruisci il tuo marchio, tutto riflette la tua estetica, i tuoi valori. Entrare in un brand come Woolrich è una sfida completamente diversa, ma altrettanto entusiasmante. Woolrich è venerato in tutto il mondo per i suoi iconici contributi al canone dell’abbigliamento maschile: la camicia Buffalo Check e l’Arctic Parka dell’ammiraglio Richard E. Byrd. La sfida è rispettare una tradizione, capire cosa la rende unica ed evolverla in modo che sembri naturale e inaspettato”.
Cos’ha dato a Woolrich e cosa ha ricevuto in cambio?
“Ho portato con me il desiderio di reinterpretare la storia attraverso una lente contemporanea. Ho dato a Woolrich la mia prospettiva su come autenticità e modernità possano coesistere, su come la funzionalità possa incontrare l’eleganza e su come il passato riesca a fungere da potente motore per il futuro. In cambio, Woolrich mi ha dato qualcosa di raro: una narrazione lunga 190 anni con cui confrontarmi. E una comunità di persone profondamente attente alla qualità e alla tradizione. Io sfido il brand a evolversi e il brand mi sfida a onorare la sua anima”.

Un archivio di 190 anni per un creativo è più una responsabilità, un peso o una benedizione?
“È una benedizione, senza dubbio. Ma ha un certo peso, che interpreto più come una responsabilità che come una limitazione. Tenere tra le mani un archivio di 190 anni richiede rispetto, ma anche azione: è importante rendere omaggio al passato e andare avanti. E l’archivio diventa una bussola, non una gabbia. Gran parte della collezione è una reinvenzione di Woolrich, ma anche un’invenzione, riscoprendo il classicismo del design e l’attenzione ultramoderna ai dettagli”.
Sport e natura sono nel dna di Woolrich; pesca, trekking e trail running nella collezione Primavera/Estate 25: tecnologia, performance, innovazione eppure i capi sono perfetti anche in città.
“L’equilibrio tra abbigliamento outdoor e stile di vita di lusso è il cuore di Woolrich Black Label. Come l’abbigliamento da palestra si è evoluto in athleisure, uomini eleganti e sofisticati indossano sempre più capi tecnici in ufficio. La PE25 nasce da questo dualismo. Utilizziamo tessuti ad alte prestazioni (impermeabili, traspiranti) ma li abbiniamo a silhouette decise, texture lussuose, dettagli curati. Lo chiamiamo Rugged Luxury o WanderLuxe, è un guardaroba in cui avventura e raffinatezza coesistono”.

Il suo rapporto con lo sport?
“Al liceo giocavo a football americano e a basket: il basket era il mio preferito e ci giocavo tutti i giorni finché non mi sono rotto un crociato in un campetto di New York. Lo seguo e mi ispira ancora. Ma una delle prime cose che ho fatto, appena trasferito a New York, è stata andare a vedere i Rangers: mi piace molto l’hockey, ci sono alcuni dei giocatori più eleganti di tutto il mondo dello sport, e questa estetica ha influenzato le collaborazioni con Fanatics e la Nhl. E poi c’è la boxe: mio padre gestiva una palestra di boxe, ho tirato fin da piccolo. Quel mondo di disciplina e precisione spesso condiziona il mio modo di pensare al design; lo sport, in generale, continua a plasmare la mia prospettiva: concentrazione, lavoro di squadra e determinazione tornano nel mio approccio al lavoro”.
Sostenibilità: un atto di responsabilità di un marchio diventa una scelta responsabile per chi lo indossa. Vero?
“Assolutamente: oggi la moda è più di ciò che indossiamo. Creiamo capi con responsabilità, utilizzando materiali riciclati, tinture a basso impatto e design costruiti per durare. Non è solo una tendenza, è un impegno per il futuro: e la sostenibilità diventa un impegno condiviso”.

Ha mai avuto un mito?
“I miei genitori: cresciuti in fattoria, sono stati i primi della famiglia a frequentare l’università. Mio padre era ingegnere e mia madre artista e interior designer. Da qui la mia passione per il disegno e la costruzione”.
Scrivono che da bambino indossava Woolrich. E cosa sognava di fare da grande?
“Non dimenticherò mai la mia prima camicia Woolrich Buffalo Check: negli Stati Uniti sembrava che tutti ne avessero una. Nelle foto di classe, metà di noi la indossava, come un’uniforme non ufficiale. All’inizio, pensavo di seguire le orme di mio padre: stavo per laurearmi in Ingegneria quando ho capito che dovevo ascoltare il mio cuore. Ho sempre avuto una passione per la sartoria e quando mia nonna mi ha detto che in olandese Snyder significa sarto, improvvisamente tutto ha avuto senso”.
Il capo preferito della P/E25?
“È come scegliere un figlio preferito, ma la giacca Lunar bianca a tre strati ha tutto ciò che volevo che questa stagione rappresentasse: innovazione, eleganza e praticità. Perfetta sia per le uscite nella natura che in città. Il design è minimalista, moderno ed è supportato da prestazioni tecniche di alto livello, cuciture termosaldate, traspirante, resistente alle intemperie: esempio perfetto del mio “lusso robusto”.
Woolrich Black Label usa tessuti italiani: siamo ancora un’eccellenza nell’artigianato?
“L’Italia continua a stabilire lo standard globale in termini di artigianato. Sono innamorato della qualità, della passione, della precisione che si trovano solo da voi. L’eccellenza sartoriale italiana e le radici americane di Woolrich sono un mix perfetto di innovazione tecnica ed eleganza raffinata. Ma in Italia la creatività prospera ovunque, al di là della moda, si è costantemente circondati dal meglio”.