All’Europeo il ct affronterà gli azzurri con la sua Spagna: "Hanno talento ed equilibrio". Poi il ritorno a Madrid, dopo oltre vent’anni
Sergio Scariolo è uno dei coach più vincenti d’Europa. Alla guida della Spagna ha costruito un’era, fatta di titoli, continuità e identità. L’Europeo di agosto sarà il suo ultimo torneo sulla panchina della Spagna, ma l’estate è tutt’altro che un congedo: in parallelo prepara il ritorno alla guida del Real Madrid, dopo oltre vent’anni. Nel girone di Cipro, la sua Spagna affronterà anche l’Italia. "I caffè con Pozzecco diventano sempre un paio d’ore di confronto e risate: siamo persone capaci di sdrammatizzare. Ormai è un veterano, i consigli nascono dallo scambio reciproco di esperienze". La chiusura di un ciclo e un nuovo inizio, pronto a sorprendere a sorprendersi. È soprattutto un italiano che il destino pone due volte a breve sulla strada delle nostre ambizioni: con la Spagna e con il club in Eurolega.
Con la Nazionale ha iniziato a vincere nel 2009 e non ha ancora smesso. Cosa accomuna diverse generazioni di campioni spagnoli?
"Quando sono arrivato c’era grandissima qualità tecnica, ma poca competitività e ambizione. Poi la generazione dei nati negli anni 80 (tra gli altri Pau Gasol, Navarro, Calderon, ndr) ha iniziato a credere che vincere non fosse un sogno irraggiungibile. E questo spirito si è consolidato e poi tramandato. Saper sacrificare un po’ di sé stessi per la squadra, sempre. Una cultura che si mantiene nel tempo".
Con la sua Spagna incontrerà l’Italia nell’Europeo, come sarà il girone di qualificazione di Cipro?
"L’Italia è una squadra che ha il giusto equilibrio fra veterani di alto livello e giovani di grande futuro. Il girone sarà molto impegnativo, è difficile pensare anche chi potrebbe restare fuori: solo la Grecia sembra fuori portata. Qualificarsi per Riga sarà già un’impresa".
Dalla prossima stagione la vedremo sulla panchina del Real Madrid.
"È stata l’opportunità giusta, interessante e attraente: il Real è un club con ambizione, con storia, con presente e soprattutto con voglia di futuro. C’è anche il desiderio di ringiovanire un po’, pur continuando a competere nell’immediato. Per la prima volta nella vita allenerò una squadra che può avere la missione di vincere l’Eurolega, anche se lo dico con cautela. Certo, ci sono corazzate superiori per investimenti, ma per tradizione e ambizione e per la presenza di giocatori con quella stessa mentalità vincente, noi vogliamo scalare quel gradino. Ho grande voglia".
Com’è lavorare con il Chacho Rodriguez, nella nuova veste di direttore sportivo?
"Mi ha sorpreso in positivo. La società è stata brava a riconoscere questo talento anche fuori dal campo: sembra già un veterano. Il Chacho in campo aveva una leadership rarissima: non è mai stato geloso del quintetto, e aveva subito un impatto forte sulle partite, e sui compagni: faceva felici tutti. Un grande esempio".
Col Real ritroverà Milano e Bologna, due sue ex, da avversarie, dopo addii un po’ movimentati.
"Per natura, non coltivo risentimenti. Chiaramente ho le mie idee su come sono andate le cose, e su una maniera un po’ diversa di intendere a livello professionale il mondo del basket. Dopo aver passato la maggior parte della mia carriera fra Spagna e Nba, mi sono reso conto che in alcune situazioni non mi ritrovavo molto. Detto questo, ho tantissimi bei ricordi, che tendono sicuramente a prevalere, anche rispetto a momenti difficili".
Allenare in Nba è stato un sogno, un obiettivo o solo una possibilità?
"Ho creduto per davvero potesse succedere solo quando eravamo rimasti due candidati alla panchina dei Raptors. Persino al primo colloquio non pensavo fosse davvero possibile, ero scettico che prendessero un europeo. Ma arrivato fin lì, mi sono detto: be’, adesso siamo vicini, speriamo. Mi diedero la notizia negativa proprio dieci minuti dopo il gol del City contro la mia amatissima Inter nella finale di Champions del 2023. Una di quelle giornate in cui è meglio non alzarsi dal letto (e ride)".
Con Ettore Messina vi siete scontrati tante volte sul campo: c’è rivalità?
"Ovviamente quando ci si affronta c’è sempre una componente di rivalità. Ma io la vedo più come un’amicizia, anche se non di quelle in cui ci si sente ogni settimana. Siamo cresciuti cestisticamente in maniera parallela, le esperienze sono state diverse, ma per me Ettore è sempre stato un punto di riferimento".
Che cosa ruberebbe allo Scariolo di 29 anni che ha vinto lo scudetto all’esordio a Pesaro? E quale lezione invece ha imparato in questi anni?
"L’età e basta! Due lezioni su tutte: non si tratta di comandare, ma di influenzare. È molto più importante, e duraturo, riuscire ad avere un impatto positivo, invece di imporre qualcosa. La seconda è molto più rilevante ascoltare che parlare. I giocatori ti danno molte informazioni: su cosa pensano, su cosa li motiva, su come relazionarti con loro. Spesso è molto meglio aprire le orecchie, che la bocca".