Rischio ictus e punteggio Car: come capire se ci sono placche nelle arterie

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Uno studio europeo introduce un nuovo strumento per capire se puntare su chirurgia o trattamento farmacologico

Giacomo Martiradonna

9 maggio - 16:48 - MILANO

Dopo i 65 anni, purtroppo, non è facile trovare arterie completamente indenni dai danni dell'aterosclerosi. Quando questo processo interessa le carotidi, vale a dire i vasi che portano il sangue al cervello, il rischio di ictus aumenta sensibilmente. Le stime indicano che le placche in queste arterie possano contribuire a circa un quinto degli eventi ischemici cerebrali, ma decidere come intervenire non è sempre semplice: in alcuni casi è meglio operare, in altri è sufficiente un trattamento farmacologico. Come distinguere tra i diversi scenari clinici? Al parere degli esperti ora si affianca un nuovo indice oggettivo, il punteggio CAR, che permette di valutare il rischio individuale di ictus e orientare la scelta terapeutica.

rischio ictus e punteggio CAR

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Il punteggio CAR (Carotid Artery Risk) è stato sviluppato da un team internazionale di ricercatori dell’University College di Londra, dell’Amsterdam University Medical Centre, dell’Università di Basilea e dell’Università di Oxford. L’obiettivo è identificare i pazienti con stenosi carotidea che, pur avendo un restringimento significativo dei vasi, possono essere seguiti con una terapia farmacologica ottimizzata, evitando interventi invasivi come l’impianto di stent. In altre parole: chirurgia sì, ma solo laddove strettamente necessario. Il punteggio tiene conto di vari parametri clinici e di imaging, e consente di stratificare il rischio di ictus nei successivi cinque anni. "Raccomandiamo di utilizzare il punteggio CAR per identificare i pazienti con restringimento carotideo che possono essere gestiti con la sola terapia medica ottimizzata", afferma Martin Brown, autore principale dello studio pubblicato su Lancet Neurology. "Questo approccio enfatizza la valutazione personalizzata e il trattamento intensivo dei fattori di rischio vascolari, risparmiando potenzialmente a molti pazienti il disagio e i rischi di un intervento chirurgico carotideo o di un impianto di stent".

punteggio car, Lo studio clinico

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Per testare l’affidabilità del sistema di punteggio, i ricercatori hanno condotto uno studio clinico randomizzato su 428 pazienti, distribuiti in 30 centri tra Regno Unito, Europa e Canada. Tutti i partecipanti presentavano un restringimento significativo delle arterie carotidi, diagnosticato prima dell’insorgenza dei sintomi o dopo ictus non invalidanti. I pazienti con un punteggio CAR elevato, quindi a rischio maggiore, sono stati esclusi dallo studio e indirizzati subito verso l’intervento. Gli altri, con punteggio basso o intermedio, sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha ricevuto solo la terapia medica ottimizzata, l’altro ha associato a quest’ultima anche un intervento chirurgico o un impianto di stent.

Nel corso dei due anni di osservazione, i pazienti trattati esclusivamente con terapia medica ottimizzata hanno riportato tassi molto bassi di ictus e infarto. Nei soggetti selezionati, l’aggiunta dell’intervento non ha portato benefici significativi in termini di prevenzione, a fronte di tutti i rischi procedurali tipici delle tecniche invasive. La terapia medica ottimizzata includeva una dieta a basso contenuto di colesterolo, farmaci ipocolesterolemizzanti, trattamento antipertensivo, terapia antitrombotica e controlli regolari.

rischio ictus e terapia personalizzata

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A giudizio degli autori dello studio, il punteggio CAR rappresenta uno strumento utile per personalizzare il trattamento dei pazienti con stenosi carotidea. Ci sono stenosi asintomatiche, spesso identificate con esami di screening, e stenosi sintomatiche, associate a manifestazioni neurologiche come perdita di forza, disturbi visivi o del linguaggio e le seconde comportano un rischio maggiore di ictus. La terapia farmacologica, in questi casi, può essere molto efficace, soprattutto se i valori di colesterolo LDL vengono mantenuti sotto i 70 mg/dl in pazienti senza precedenti ictus. "Il rischio di intervento negli ultimi anni si è molto ridotto", conclude Del Sette, "ma occorre comunque effettuare una selezione accurata dei pazienti da avviare a questo percorso, che comunque si somma alla terapia con farmaci oltre che ad eventuali modifiche dello stile di vita".

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