La squadra, già penalizzata di 12 punti, fa quel che può. E la curva est la incita: patiscono una situazione indipendente dalla loro volontà. Perché non è chiaro chi ci sia dietro i nuovi padroni del club e come abbiano potuto concludere l'acquisto dalla ex proprietaria Di Salvo
Giorgia Bertozzi
11 ottobre - 17:04 - RIMINI
Iscrizione al campionato di Serie C effettuata, coccarda da detentrice della Coppa Italia di categoria pronta per essere cucita sulle maglie a scacchi biancorossi, lavori alla cittadella dello sport avanti di gran carriera, iter per lo stadio nuovo in veloce avanzamento. A Rimini, per una tifoseria abituata a sudarsi il professionismo, sembrava cominciata l’estate migliore di sempre. Ma per trasformare i sogni di rilancio in incubi reali è servito davvero poco. Per far piombare la città nella disperazione sportiva è bastata una manciata di giorni, quelli necessari alla DS Sport Società Benefit di Stefania Di Salvo, proprietaria del Rimini dal 2023, ad ammettere le difficoltà economiche tenute per mesi nascoste e a decidere in tutta fretta di vendere. Gli acquirenti non mancano, a cominciare dai fondi stranieri e in particolare il fondo australiano guidato da Jason Beannet, soluzione esotica che solletica la piazza, ma superato sul filo di lana dalla Building Company, società di Giusy Anna Scarcella con sede a Carate Brianza che opera nel settore delle energie rinnovabili.
città spiazzata
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Nonostante le parole al miele e le rassicurazioni sull’affidabilità da parte di Di Salvo alla firma del preliminare, la città rimane spiazzata. Ma è solo questione di giorni. A volerci vedere chiaro è in primis la Curva Est che apre e guida la protesta ed esce con un primo, durissimo comunicato a cui segue una sorta di dossier, con tanto di nomi e cognomi, indirizzi, fatturati e collegamenti che puzzano di bruciato. Più o meno la stessa cosa viene messa in fila giornalisticamente sulle pagine di economia del Corriere della Sera qualche giorno dopo, facendo rizzare in piedi anche il resto della tifoseria e l’amministrazione comunale. La faccenda non è chiara. Non è chiaro chi ci sia dietro alla nuova proprietà, come abbia potuto perfezionare l’acquisto quando quote societarie sono ferme in Tribunale a Milano sequestrate da un vecchio presidente non saldato da anni, e soprattutto come la Building Company abbia la forza di sostenere il professionismo.
squadra preoccupata
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Anche i giocatori palesano ufficialmente la loro preoccupazione. Alla maggioranza dei tifosi del Rimini non sta bene: ad andare avanti con questa società preferiscono sparire dal calcio professionistico, lo dicono apertamente e alzano il muro. Sull’altra sponda si incassa il fastidio della piazza ribattendo colpo su colpo: la proprietaria Scarcella risponde personalmente sui social ai commenti piccati e nega ogni contatto con quel Vitaglione che ha fatto scattare l’allerta, figura che pare nell’entourage senza essere mai apparsa in nessuno dei tantissimi organigrammi annunciati in pochi mesi e conditi da dimissioni, mancati contratti, apparizioni e sparizioni.
viavai
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L’amministratore unico è il responsabile vendite della Building, Perini, il ds è Nember che lascia, poi torna, vende i pezzi pregiati l’ultimo giorno di mercato e quindi si dimette, il presidente è Espedito Siniscalchi noto ai più per essere l’ex di Valeria Marini, il vice Terranova è proprietario di catene di lavanderie. Piero Braglia, scelto come tecnico, allena ma non va in panchina, lasciando aperta la porta d’uscita che lo porterà velocemente a Perugia da dove ora dichiara di essersene andato perché “preso in giro”.
in lotta
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I tifosi riminesi questo non lo possono fare e restano a lottare per l’onore della maglia. Per la prima conferenza stampa ufficiale serve aspettare un mese intero. Al tavolo tanti annunci, poche verità e un’unica speranza: l’ingresso di Stefano Giammarioli, tuttora ds e dg del sodalizio: non è un mistero che sia affidata a lui la trattativa per una possibile cessione. Quella che Rimini chiede dal primo giorno, anche ora che il Tribunale di Milano ha nominato Antonio Buscemi nuovo legale rappresentante. Ora tutto passerà dalla sua firma.
ironia
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Storicamente terra di anarchici e goliardi poco avvezzi ai compromessi, Rimini piange il suo calcio, relaziona minuziosamente i suoi dubbi sulla società e reagisce al mix di rabbia e tristezza con l’ironia. Così sui social Scarcella e Siniscalchi diventano Winslet e Di Caprio abbracciati sul ponte di Titanic, l’agognata e mai depositata fideiussione extra-budget un antico libro di magia nera, i dirigenti personaggi della sitcom Friends con l’ex Di Salvo in regia. In piazza i tifosi vanno a chiedere seriamente “Rispetto per Rimini” ma beffardamente si portano pure Pulcinella e una lavatrice, negli striscioni tolgono la “I” alla Building sottolineando l’errore marchiano fatto nel primo comunicato stampa, nel logo della squadra cambiano il pallone con un oblò e tappezzano la sede di adesivi, si affidano al dialetto per dire alla società di andarsene. E poi disertano lo stadio: all’esordio al Romeo Neri contro il Gubbio ci sono solamente 991 presenti. Ed è così fino alla partita con l’Arezzo, quando decidono di proseguire la contestazione, ma di entrare per sostenere la squadra. E va bene perché arriva pure una bella vittoria.

gruppo squadra
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Perché se c’è una cosa di cui Rimini va fiero in questa assurda estate, è il gruppo squadra. Con mister Filippo D’Alesio in testa e tutti i giocatori, vecchi e nuovi, capaci in questo clima surreale e con tutte le difficoltà annesse di sciorinare ottime prestazioni e anche di fare qualche punto (seppur ancora meno di quelli di penalizzazione, che continuano ad arrivare e al momento sono 12). Una squadra che lotta a testa alta e che al pari della città non merita né questa situazione, né gli sfottò che arrivano dalla paura di un altro campionato falsato. Come se le colpe non ricadessero già abbastanza su chi indossa la maglia a scacchi biancorossi e su chi la ama. Tempi difficili per il calcio a Rimini, ma la tifoseria ha le spalle larghe, allenate negli ultimi 20 anni con una disgrazia sportiva ogni 5, a causa di mancate iscrizioni, fallimenti e pure di una retrocessione a campionato in corso nell’anno del Covid. L’ironia questa volta lo salverà? Qui sanno bene che sarà un inverno durissimo, il più duro di sempre, ma intanto hanno deciso di non restare a guardare.