Con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni, il Senato ha approvato la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei magistrati.
Un sì salutato dalla premier Giorgia Meloni con soddisfazione, e soprattutto da Forza Italia che ha dedicato il passaggio a Silvio Berlusconi, che per primo impose nel dibattito politico questo tema. Di segno opposto il giudizio di tutte le opposizioni che si preparano al referendum, che si terrà presumibilmente nella primavera del prossimo anno.
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Infatti l'Aula di Palazzo Madama ha approvato il ddl nel testo licenziato dalla Camera, il che implica che la seconda lettura confermativa delle due Camere - attesa in autunno - non modificherà la riforma. A fronte della virulenza delle polemiche della maggioranza con la magistratura associata e con le opposizioni, la seduta del Senato si è svolta addirittura in tono minore. In Aula si è visto il ministro Carlo Nordio e quello per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, oltre al viceministro Francesco Paolo Sisto, e solo alla fine sono giunti Antonio Tajani e altri ministri di Fi (Annamaria Bernini e Paolo Zangrillo).
Anche le proteste delle opposizioni, con dei cartelli esposti al momento del voto dai senatori del Pd e di M5s, sono state inferiori a quelle di altre circostanze, come quando fu occupata l'Aula. Ma non per questo meno sentite: il Pd ha mostrato la Costituzione capovolta, i 5 stelle le foto di Falcone e Borsellino messe a confronto con quelle di Berlusconi e Licio Gelli I giudizi sulla riforma, in ogni caso, rimangono contrapposti.
"L'approvazione della riforma costituzionale della giustizia - ha scritto sui social Meloni - segna un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione". "Oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all'Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente". E il ministro Nordio ha definito il ddl "un passo molto importante verso l'indipendenza della magistratura da se stessa, dalle sue correnti e anche un balzo gigantesco verso l'attuazione del processo accusatorio voluto da Giuliano Vassalli". Il partito che ha rivendicato maggiormente il passaggio è stato Fi che ha dedicato il sì a Silvio Berlusconi: Pierantonio Zanettin ha fatto la dichiarazione di voto dal seggio che fu del Cavaliere. "Si compie un grande sogno perseguito con tenacia dal presidente Berlusconi e da Forza Italia. Un sogno di libertà, di sicurezza, di garanzie per i cittadini" ha detto Tajani, e altrettanto ha detto il capogruppo Maurizio Gasparri. La Lega con Erica Stefani ha sostenuto che la riforma "Non è contro la magistratura". Di segno opposto le opposizioni.
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Per Giuseppe Conte la riforma "realizza il disegno di Licio Gelli e della Pd", mentre in Aula Roberto Scarpinato ha detto che "la separazione delle carriere è un regolamento di conti della casta dei potenti contro la magistratura". Secondo Peppe De Cristofaro, capogruppo di Avs, il ddl mira a rompere la separazione dei poteri, subordinando alla politica il potere giudiziario. Giudizio condiviso dal Pd ma Dario Franceschini ha paventato "un boomerang": Il Csm dei soli Pm, "separato, autonomo, autogestito, dai confini ignoti" farà dei Pm "dei superpoliziotti", il che conduce "a un rischio ignoto". Virulenta anche le critica di Matteo Renzi a Nordio per la vicenda Almasri. Solo Carlo Calenda ha annunciato il voto favorevole, benché gli altri senatori di Azione si siano astenuti, così come quelli di Iv. Non è mancata la voce dell'Anm. Secondo l'Associazione "la riforma addomestica i magistrati", "toglierà garanzie ai cittadini" con il chiaro intento di far sì che la magistratura "rinunci al proprio compito di controllo di legalità". La promessa è di far sentire la propria protesta fino al referendum. Passaggio che il centrodestra auspica mostrando sicurezza ma che per Dario Franceschini, si tramuterà in un altro "boomerang" trasformandolo in un nuovo "Papeete" che costringerà Meloni alle dimissioni.
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