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Lo sloveno trionfatore del quinto Lombardia di fila (un record) vince come fecero Bolt e Bubka, Jordan e Schumacher. Però come loro fa ugualmente impazzire il pubblico. Con l’inventiva, la capacità di stupire e quelle devastanti progressioni in salita
Ciro Scognamiglio
18 ottobre 2025 (modifica alle 09:20) - MILANO
Una poesia che pedala: hanno definito così Tadej Pogacar e ci potrebbe anche stare se uno come lui ormai non fosse più solo poesia, ma anche prosa. Tutto. One of a kind, unico del suo genere. Al termine della seconda stagione consecutiva alla Eddy Merckx, sono i miti e le leggende i riferimenti di questo ragazzo benedetto, ancor più dei suoi rivali. Lasciamo per un attimo da parte ciò che era riuscito a realizzare tra il 2019 e il 2023 – tantissimo: 2 Tour, 3 Lombardia, il Fiandre... – e concentriamoci sul ritmo feroce ai limiti del dispotismo delle ultime due annate: nel 2024 l’imperatore Pogi ha annesso Giro, Tour, Mondiale, Liegi e Lombardia; nel 2025 che si è appena concluso Tour, Mondiale, Europeo, Fiandre, Liegi e Lombardia. Al resto del mondo, le briciole. Senza dimenticare l’innata capacità di fare spettacolo anche quando perde, vedi l’azione sulla Cipressa all’ultima Sanremo (poi chiusa al terzo posto, alle spalle di Van der Poel e Ganna) e il debutto da predestinato alla Roubaix, superato soltanto da Van der Poel. E se non fosse scivolato sul pavé più famoso del ciclismo, chissà...