Plastic Free Onlus prende parte ai
negoziati in corso a Ginevra per la stesura del trattato globale
contro l'inquinamento da plastica, chiedendo con determinazione
un accordo che sia realmente vincolante, coraggioso e in grado
di incidere sulle cause profonde di una crisi che coinvolge
ambiente, salute e giustizia sociale.
Per l'associazione italiana, attiva dal 2019 con oltre
260mila volontari in più di 30 Paesi del mondo, - spiega una
nota - non è più sufficiente occuparsi della plastica una volta
che è diventata rifiuto. Plastic Free è l'unica associazione
italiana presente ai lavori negoziali di Ginevra con status di
osservatore ufficiale riconosciuto dall'Unep, un ruolo che
intende onorare portando la voce dei territori, dei volontari e
delle comunità direttamente nei processi decisionali globali.
Per la Onlus, è necessario agire a monte del ciclo produttivo,
imponendo un tetto globale e obbligatorio alla produzione di
plastica vergine. Senza una misura strutturale come questa,
altrimenti, si continueranno a curare i sintomi ignorando la
malattia.
Tra le richieste dell'associazione vi è anche l'introduzione
di un divieto reale, e non facoltativo, per i prodotti in
plastica più pericolosi, come il monouso.
Plastic Free sottolinea inoltre la necessità di garantire una
transizione giusta, che non solo eviti di aggravare le
disuguaglianze sociali, ma le riduca attivamente, sostenendo le
comunità più vulnerabili e spesso escluse dai processi
decisionali e dai benefici economici.
"Non possiamo continuare a raccogliere nell'ambiente ciò che
viene prodotto senza sosta - dichiara Luca De Gaetano, fondatore
e presidente di Plastic Free -. Questo trattato non deve solo
gestire l'inquinamento: deve fermarlo. E deve farlo con
coraggio, con giustizia, e con urgenza".
Secondo l'associazione, l'inquinamento da plastica non è più
soltanto un tema ambientale: è diventato una questione sanitaria
globale. La plastica è ormai presente nei polmoni, nel cervello,
nel sangue, perfino nei bambini non ancora nati. "Vogliamo
davvero un mondo in cui vivere significa ammalarsi?", chiede De
Gaetano.
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