Piantedosi, lo sgombero del Leoncavallo non è stato anticipato

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Lo sgombero del Leoncavallo "non è stato anticipato e anzi siamo stati condannati per un ritardo nell'esecuzione dello sfratto, quindi della restituzione alla proprietà. Io ricordo a tutti che abbiamo pagato e siamo stati condannati a pagare, per quel ritardo, 3 milioni e 300mila euro solo per i 10 anni pregressi e ogni ritardo avrebbe comportato un ulteriore risarcimento danni di più di 300mila euro all'anno". Così il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi a margine del Meeting di Rimini è tornato a parlare dello sfratto del centro sociale milanese che era previsto per il 9 settembre ed è stato eseguito il 21 agosto.
    "Non era più procrastinabile - ha aggiunto - e nel momento in cui era possibile restituirla alla proprietà è stata fatta un'operazione doverosamente logica".
    "Anche CasaPound rientra, io sono stato da prefetto di Roma quello che l'ha inserito nell'elenco dei centri che sono da sgomberare, prima o poi arriverà anche il suo turno" ha aggiunto il capo del Viminale rispondendo a una domanda sulla posizione del ministro della Cultura Alessandro Giuli, secondo cui è possibile che CasaPound non venga sgomberato "se si allinea a criteri di legalità".
    "Credo abbia detto che se si legalizza in qualche modo potrebbe non essere sgomberato. È successo già ad altri centri, il Comune di Roma - ha osservato Piantedosi - ha comprato addirittura delle strutture per legalizzarli, è successo anche in altre città".
   

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