L'attaccante è tornato a segnare con il Ravenna in C 962 giorni dopo l'ultimo gol: "Il calcio è la mia vita, volevo dare un futuro migliore ai miei genitori. Due volte dovevo firmare per il Milan, poi..."
Oscar Maresca
29 ottobre - 09:22 - MILANO
Stefano Okaka è tornato a esultare per un gol 962 giorni dopo l’ultima volta. Con un colpo di testa al 97’, in pieno recupero, ha regalato la vittoria al suo Ravenna nella sfida in trasferta contro la Pianese: “Segnare così è ancora più bello. Ho abbracciato i miei compagni e abbiamo festeggiato sotto il settore ospiti. Mentre correvo ho ripensato ai due anni di stop, all’amore della mia famiglia. È grazie a loro se ho ricominciato a giocare”. L’ex attaccante della Roma ha scelto di ripartire dalla Serie C, si è rimesso in gioco accettando la sfida del club romagnolo appena tornato tra i professionisti: “Ho lasciato il Basaksehir nell’estate del 2023. In questo lungo periodo lontano dal campo non ho mai pensato di smettere. Adesso ho 36 anni, la mia carriera è iniziata prestissimo: a 16 ero già in Serie A. Sentivo il bisogno di recuperare il tempo con i miei genitori, mio fratello Carlo e mia sorella Stefania. Il calcio però è come l’amore, trova sempre il modo di tornare”.
Dalla A alla Premier, passando per Champions ed Europa League. Ha giocato ovunque, ma questa è la sua prima volta in Serie C.
“In estate ero all’estero, continuavo ad allenarmi. Mio fratello Carlo mi ha chiamato parlandomi del progetto Ravenna. Ho incontrato il presidente Cipriani e il ds Davide Mandorlini, insieme abbiamo scelto di avviare la preparazione per provare a rientrare. Direi che è andata bene. Ora da neopromossi siamo terzi nel girone B a -1 dall’Arezzo in vetta”.
Le mancava il calcio?
“È la mia vita da quando sono nato. Negli ultimi due anni ho continuato a tenermi in forma e a guardare partite in tv. Godermi i momenti insieme alle persone che amo mi ha aiutato a ricaricare le energie per tornare al lavoro con passione e costanza”.
L’ultima rete era arrivata a marzo 2023. Due anni e mezzo dopo si è sbloccato. Ha una dedica speciale per il gol?
“A mio nipote Thiago e al resto della famiglia. Loro sono tutto per me”.
Mamma Doris e papà Austin le sono sempre stati accanto, fin dai tempi della Roma.
“Sognavo di diventare un calciatore, ma il mio obiettivo era regalare un futuro migliore ai miei genitori. Facevano tre lavori per mantenere noi figli. Sono arrivato alla Roma a 14 anni, ero giovanissimo. Devo ringraziare il presidente Franco Sensi, mi ha accolto a Trigoria dandomi la possibilità di vivere nel centro sportivo insieme a loro”.
La sua carriera però poteva cominciare al Milan.
“Stavo firmando per i rossoneri, poi Bruno Conti portò me e mio padre a Trigoria. Rimasi impressionato dal centro sportivo, così ho scelto i giallorossi”.
Il primo a darle fiducia è stato Luciano Spalletti.
“È come un secondo padre. A 16 anni, nel 2005, mi ha voluto in prima squadra e ho subito segnato in Coppa Italia contro il Napoli. Da lì è iniziato tutto”.
Ha raccontato di quando il mister la rimproverò per essersi presentato con una macchina costosissima ad appena 18 anni. Non sarà stata l’unica ramanzina…
“Nel 2007 giocavo poco, Spalletti mi mandò in campo negli ultimi minuti contro l’Atalanta. Entrai tutt’altro che ispirato. Al primo sguardo verso la panchina mi disse: ‘Ci vediamo dopo’. Se n’era accorto. A fine partita corsi negli spogliatoi, lui mi inseguiva. Mi ha salvato l’antidoping: sono rimasto chiuso oltre tre ore in quella stanza per non farmi beccare. Com’è finita? Il giorno dopo ho preso una multa. Meglio quella che un’altra sgridata del mister”.
È arrivato in un gruppo di campioni: da Totti a De Rossi, passando per Panucci, Perrotta, Chivu e tanti altri.
“Ero affezionato a Francesco e a Daniele. A Trigoria sono cresciuto, la Roma è sempre stata la mia famiglia. L’esperienza in giallorosso resterà una parte fondamentale della mia vita. Con loro ci sentiamo spesso, il nostro rapporto va oltre l’amicizia. È quasi un bene fraterno”.
Un altro ex compagno con cui è rimasto legatissimo è Antonio Cassano.
“Mi ha scritto subito dopo il gol per farmi i complimenti. Mi è stato vicino in un periodo complicato della carriera, quando al Parma litigai con la società perché volevano cedermi. Grazie ad Antonio tornai ad allenarmi con la squadra e a dare il 100%”.
I gol da giovanissimo, la fama, le aspettative dei tifosi. Come ha vissuto quegli anni?
“Non è stato facile reggere la pressione. Devi sempre dimostrare di essere più maturo dell’età che hai, anche se sei appena maggiorenne. Ero il ragazzino talentuoso che viveva a Trigoria con i genitori, tutti parlavano di me. Ancora oggi, in giallorosso, tanti giocatori più esperti fanno fatica a ingranare subito”.
Dopo le parentesi in prestito tra Brescia e Modena, nel 2009 vola in Premier al Fulham.
“Pure lì ho segnato due gol, ma far male alle squadre inglesi è complicato. Kompany è senza dubbio il difensore più forte che abbia mai affrontato. Un giocatore fantastico”.
Samp e Udinese sono le altre due tappe fondamentali della sua carriera.
“In blucerchiato ho lasciato il cuore. All’Udinese, insieme al presidente Pozzo e al direttore tecnico Marino, abbiamo riportato l’entusiasmo tra i tifosi. Quando ero alla Samp è arrivata pure la chiamata in Nazionale”.
È stato Conte a volerla in azzurro.
“Un fuoriclasse assoluto del nostro calcio, è un grandissimo allenatore. Lavorare con lui mi ha aiutato tanto. Giocare per l’Italia è stato un altro sogno avverato. Peccato per la mancata convocazione a Euro 2016”.
Ci credeva?
“Sì, mi è dispiaciuto. Pensavo di essere in lista, purtroppo non è stato così. Il mister ha fatto altre scelte”.
Nello stesso periodo ha pure sfiorato il passaggio al Milan (di nuovo) e all’Inter.
“Nel 2015 avevo già chiuso con i rossoneri, poi si inserì nella trattativa l’Inter di Mancini. Il presidente Ferrero bloccò l’affare e mi impedì di trasferirmi in nerazzurro. È stata un’occasione persa”.
All’estero ha ritrovato continuità tra Anderlecht, Watford e Basaksehir.
“Le esperienze lontano dall’Italia mi hanno formato e reso il giocatore che sono. Ora guardando indietro mi rendo conto di aver vestito tante maglie importanti e ne sono orgoglioso”.
Lei è un calciatore atipico: non utilizza i social.
“Non ne ho mai sentito il bisogno. Non critico chi li usa, ma sto bene senza”.
Cosa la rende più felice di questi vent’anni nel calcio?
“Non aver lasciato indietro la mia famiglia. Ho comprato casa ai miei genitori mettendo insieme i primi stipendi. Io, mio fratello e mia sorella non dimentichiamo quello che loro hanno fatto per noi”.
Okaka, adesso qual è il suo obiettivo?
“Continuare a divertirmi in campo e fare gol. Pure vincere con il Ravenna non mi dispiacerebbe”.



