Il tecnico rossonero riparte dopo la retrocessione: "Ai miei ragazzi dico di guardare tutti i giorni il campo 1 di Milanello, quello è l'obiettivo. Tassotti? Lo chiamo 'il saggio'"
Nel mondo del pallone la parola progetto si piazza di diritto sul podio dei termini più abusati. Spesso utile per dire tutto senza dire nulla, altre volte per nascondersi dietro la retorica. Nel caso del Milan Futuro, però, progetto è proprio il concetto chiave. Da sviscerare, da capire. Quello attorno al quale ruota tutto, specialmente dopo la caduta fragorosa e clamorosa dalla C alla D. Perché se non ci fosse una progettualità chiara, Massimo Oddo adesso sarebbe altrove. E invece ha messo un autografo, assieme a Tassotti (cognome traducibile con “garanzia”), su un contratto di due anni. Massimo ha allenato anche in A e in B, eppure riparte dai dilettanti senza sentirsi minimamente sminuito. “Quando il Milan chiama, non si può dire di no”. La Coppa Italia è già iniziata, il 7 settembre scatterà il campionato.
Con quale stato d’animo inizia questa avventura?
“Grande entusiasmo, cosa che fa parte del mio carattere. La cosa fondamentale per me è stata capire bene la progettualità, il focus, capire dove ti trovi. È qualcosa che capita in qualsiasi club, certo, ma in questo caso è una condizione più imprescindibile che altrove. Io ho avuto esperienze in tutte le categorie, il mio è stato un percorso molto particolare anche perché in carriera ho lavorato molto poco dall’inizio. Nella maggior parte dei casi sono subentrato e non sono esperienze simpatiche perché non c’è margine di errore e manca quella progettualità che per me è fondamentale”.
Anche con Milan Futuro è arrivato in corso d’opera.
“Sì, ma si parla appunto di Milan. Non mi sarei mai sentito di rifiutare, avevano bisogno di aiuto in quel momento, quindi non ho esitato. Purtroppo il tempo era veramente poco e la situazione molto difficile, anche se abbiamo lavorato bene. Con un pizzico di tempo in più avremmo potuto fare il miracolo. Quest’anno mi è stato proposto un progetto, c’è stato apprezzamento per il lavoro svolto. Ho accettato innanzitutto perché c’è di mezzo il Milan, poi perché avevo la possibilità di partire dall’inizio. In questo momento io non alleno ‘una categoria’, ma un progetto ben definito. Se mi fossi focalizzato solo sulla categoria, con tutto il rispetto, per me sarebbe stato riduttivo allenare in D”.
Ci descriva questo progetto.
“Migliorare i giovani, migliorare la squadra attraverso la loro crescita. Farli diventare grandi, con l’obiettivo di dar loro la possibilità di approcciare il più possibile alla prima squadra. E’ un progetto totalmente diverso dalle dinamiche consuete, dove è tutto improntato sui risultati. I risultati sono importanti anche da noi, è ovvio, ma a contare di più per noi è il modo in cui ci si arriva. Per gli altri la priorità è mettere in campo la migliore formazione che puoi in quel dato momento, qui l’obiettivo non è vincere attraverso la scelta dei singoli migliori in quel momento, ma dei singoli che hanno più prospettive per arrivare a un certo tipo di calcio. In questa squadra, di base, quasi tutti i ragazzi possono arrivare almeno in Serie B, con tutte le variabili del caso”.
Si parla, appunto, di ragazzi: età media molto giovane, sicuramente più giovane della scorsa stagione.
“Molto più giovane, sì. Noi ci chiamiamo Milan Futuro, ma vorrei sottolineare che Milan Futuro non è solo l’Under 23, bensì un progetto che parte dall’attività di base e va sino alla fine del percorso con la seconda squadra, che è l’ultimo step per migliorare questi ragazzi. L’interscambio tra Futuro, prima squadra e Primavera serve proprio a questo, partendo dal presupposto che la Primavera avrà una rosa di giocatori sotto età”.
Moncada qualche mese fa ha detto che per il vostro progetto, fare la C o la D cambiava poco. Lei che differenze vede fra le due categorie?
“Moncada è stato mal compreso, voleva dire che è importante confrontarsi con una tipologia di calcio diverso da quello giovanile. Comunque, in C hai bisogno anche di giocatori un po’ più grandi, che aiutino i più giovani, in D non c’è tutta questa necessità. La nostra sarà una squadra estremamente giovane, dove ragazzi di 17 anni si confronteranno col calcio dei grandi. Parliamo di ragazzi tecnicamente e tatticamente più evoluti rispetto alla categoria, ma in questa categoria troveranno pane per i loro denti: situazioni e caratteristiche che non troverebbero mai nel settore giovanile. Fisicità, esperienza, scaltrezza e malizia. Se un ragazzo ha prospettiva e magari ha anche già fatto esperienza in Primavera, è meglio che giochi in D”.
Quando a maggio siete retrocessi, aveva già l’idea di poter comunque continuare con Milan Futuro, o è stato uno scenario successivo?
“Era talmente chiara la bontà del progetto che prima del playout avevo già ricevuto una proposta verbale per continuare. Perché era stato fatto un certo tipo di lavoro, un certo tipo di percorso e un certo tipo di apprezzamento. Per esempio abbiamo avuto tre giocatori quasi in pianta stabile in prima squadra come Bartesaghi, Jimenez e Camarda, ci sono stati i debutti di Liberali e Omoregbe. Altri sono partiti il mese scorso in tournée col Milan, ogni giorno alcuni si allenano con Allegri. L’auspicio è che questi ragazzi possano avere sempre più spazio e vi assicuro che in rosa ce ne sono di grande prospettiva”.
La sinergia con la prima squadra quindi resta una delle linee guida.
“Certamente. Un altro aspetto per me bellissimo è che io in realtà è come se allenassi il Milan, dai campi di allenamento agli uffici ai supporti tecnologici. E’ una realtà gratificante. In D abbiamo alle spalle una struttura da professionisti di prima fascia. Ci si allena nei limiti del possibile negli stessi orari della prima squadra, c’è molta collaborazione, scambio di idee. E nell’ottica di questa sinergia dobbiamo fare anche molta attenzione all’aspetto mentale dei ragazzi. Dobbiamo farli diventare uomini. Quando un ragazzo viene mandato in prima squadra si tiene conto anche di questo aspetto: c’è chi è più emotivo e chi meno, c’è chi poi torna in U23 senza problemi e chi invece va coi grandi e si esalta un po’ troppo. A volte non è l’elemento migliore tecnicamente che fa il salto, ma quello migliore mentalmente”.
Qual è stata la criticità maggiore che ha trovato quando è arrivato la scorsa stagione?
“Non voglio giudicare il lavoro di chi mi ha preceduto. Per quanto mi riguarda, la difficoltà di scostarsi dal progetto iniziale: al mio arrivo la priorità non era più lanciare i giovani, ma salvare la categoria. Posso dire che c’è stato un grande lavoro, in proiezione eravamo sesti in classifica, siamo riusciti a dare un’identità di gioco”.
Tassotti, che è un suo collaboratore, come lo definiamo? Come minimo, un valore aggiunto.
“Lo conosco da una vita, è stato il mio vice allenatore quando giocavo. Esperienza infinita, uomo carismatico e valore aggiunto soprattutto per i ragazzi, anche umanamente. Io lo chiamo il saggio”.
Servirà anche lui per mantenere alti gli stimoli del gruppo in questo campionato: Milan Futuro la prossima estate si iscriverà di nuovo alla serie C a prescindere dal piazzamento in D.
“I ragazzi devono capire che occorre arrivare alla vittoria di squadra non fine a se stessa, ma dovuta alla crescita individuale all’interno del gruppo. Per certi versi, per noi è quasi più importante l'allenamento che la partita della domenica in sé. Noi ci concentriamo molto su di noi e pochissimo sugli avversari. Gli stimoli comunque non mancano. Già solo l’idea di poter andare ad allenarsi con Modric… Ognuno di questi ragazzi dovrebbe avere davanti al proprio letto una foto del campo 1 di Milanello e sapere che arrivare ad allenarsi lì è il loro obiettivo. Io glielo dico sempre”.
La filosofia tattica di Milan Futuro rispecchierà quella della prima squadra?
“In linea di massima si cerca di dare una certa continuità nei concetti, anche in virtù delle esercitazioni in allenamento, in modo che i giocatori non si ritrovino spaesati. Poi però possono subentrare altre esigenze: se io ho due attaccanti forti, li faccio giocare entrambi. La priorità assoluta resta la crescita”.
Chiudiamo con lei: fra due anni, quando scadrà il contratto, che cosa farà Massimo Oddo?
“Il mio obiettivo è allenare in A, la Nazionale, il Brasile. Scherzi a parte, per me sarà basilare capire come si svilupperà il mio ruolo adesso e se riesco a raggiungere l’obiettivo societario”.