Mondiale Superbike, così non va: i motivi della crisi e le prospettive per il rilancio

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Il campionato per derivate dalla serie vive una crisi silenziosa, ma profonda: gare meno spettacolari, tifosi e costruttori sempre più disinteressati e un futuro incerto sotto l'egida della nuova proprietà americana. Il momento, però, sembra perfetto per una profonda svolta

Lorenzo Baroni e Adriano Bestetti

1 luglio - 16:17 - MILANO

Il mondiale Superbike sta attraversando una fase di crisi (sportiva e non) che è sempre più difficile da ignorare. Un tempo fucina di personaggi epici e di grande spettacolo tra i cordoli, da qualche anno il massimo campionato di velocità riservato alle derivate dalla serie sembra aver smarrito la propria identità, riducendosi sempre più a un prodotto di nicchia. I segnali, in tal senso, sono sempre più numerosi, dal calo di presenze sulle tribune agli ascolti televisivi stagnanti, fino alle giravolte regolamentari che, in molti casi, lasciano perplessi e a una sempre maggior carenza di protagonisti in grado di accendere la passione del grande pubblico.

L'affluenza ai circuiti

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Le presenze ai circuiti risultano comprensibilmente lontane dai fasti degli anni '90 e 2000, il periodo d'oro della serie, quando piloti del calibro di Carl Fogarty, Pierfrancesco Chili, Troy Bayliss, Colin Edwards, Noriyuki Haga e Troy Corser si davano battaglia sui circuiti di Assen, Donington, Imola e Monza davanti alle tribune gremite di appassionati. I dati di affluenza più recenti, a partire dal periodo della pandemia in avanti, sono stati fondamentalmente stabili, con un'affluenza media di 50 mila spettatori nei weekend di gara. Da una parte, però, ci sono delle vere e proprie roccaforti come Misano in grado di richiamarne anche 75 mila (contro gli oltre 160 mila dei fine settimana del Motomondiale), dall'altra tracciati come Aragon ed Estoril che attualmente faticano a toccare quota 30 mila nei tre giorni.

gli ascolti televisivi

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Anche sul fronte televisivo, il quadro generale sembra confermare come l'audience della Superbike sia ormai prevalentemente composta da uno zoccolo duro di appassionati, con gran parte del pubblico generalista che è quasi sparito dai radar. In Italia, oltre che sulla piattaforma satellitare Sky e il suo canale in streaming NOW, Gara-1 del sabato e Gara-2 della domenica vengono proposte quasi sempre in diretta in chiaro da Tv8, appartenente allo stesso gruppo. La copertura dei weekend di gara è frammentata e con una promozione limitata, un trattamento inevitabilmente diverso rispetto agli appuntamenti della Formula 1 e della MotoGp, entrambe con produzioni più appariscenti e star più riconosciute che vengono trasmesse in chiaro dallo stesso canale, prevalentemente in differita. Lo share, tranne qualche occasionale picco, oscilla mediamente attorno al 2-2,5%, lontanissimo rispetto a quando il Mondiale Sbk era trasmesso da Tmc/La7 o da Mediaset.

regolamenti effimeri

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A complicare il tutto ci si mettono anche il discutibile regolamento sulle concessioni tecniche riservate ai costruttori meno competitivi, cambiamenti "in corsa" che finiscono solamente per disorientare il pubblico (si pensi alla riduzione dei giri motore inflitta qualche anno fa alla Ducati e alla Kawasaki, alla "zavorra" appioppata a Bautista nel 2024 o alla riduzione del flusso di benzina comminata, solamente qualche settimana fa, a Bmw e alle Rosse di Borgo Panigale) e un format che inizia a sentire il peso degli anni ed è ormai troppo simile a quello del Motomondiale. Tutto ciò ha indebolito l'identità del "prodotto" Superbike, rendendolo di fatto più difficile da seguire per gli spettatori occasionali e meno appetibile da un punto di vista mediatico. E anche le moto che partecipano al campionato del mondo riservato alle derivate dalla serie sembrano sempre più irraggiungibili. Alcune sono prodotte in numeri esigui e proposte a prezzi esosi, altre sono addirittura sparite dai listini europei pur continuando a gareggiare nei circuiti. Questo discorso non vale solo per la classe regina, ma anche per la Supersport, spiegando per molti versi anche il tangibile disincanto delle case, specialmente giapponesi ma non solo, nei confronti della serie.

poca battaglia in pista

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Nelle ultime stagioni c'è stato anche un problema di carattere sportivo, relativo all'egemonia incontrastata di pochi protagonisti. Dopo i 6 anni (dal 2015 al 2020) di dominio del binomio Rea-Kawasaki, il titolo iridato è poi passato nelle mani di Toprak Razgatlıoğlu (Yamaha) e, in due occasioni, di Alvaro Bautista (Ducati). In entrambi i casi il pilota spagnolo è risultato particolarmente efficace e dominante, con una cavalcata vincente iniziata già nella prima gara, prima di cedere nuovamente il passo al rivale turco, vincitore lo scorso anno con il team Bmw. E anche nella stagione in corso il copione non è che sia poi cambiato di molto: non c'è un monologo, ma piuttosto un ferreo duopolio costituito da Nicolò Bulega su Ducati e da Razgatlıoğlu su Bmw, che fino ad ora si è aggiudicato tutte le gare disputate tranne una (Gara-2 di Assen, conquistata da Andrea Locatelli su Yamaha), infliggendo spesso distacchi siderali al resto del gruppo. In questo modo vengono a mancare l'imprevedibilità e la varietà che dovrebbero caratterizzare una categoria storicamente spettacolare come la Superbike.

Dove sono i nuovi eroi?

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Un'altra questione latente che affligge il Mondiale Superbike riguarda una certa mancanza di carisma da parte dei suoi protagonisti, ovvero quell'ingrediente capace di trasformare un grande pilota in una vera e propria icona. E il futuro, da questo punto di vista, appare tutt'altro che roseo. Per quanto la griglia sia ancora piena di ottimi piloti, al momento pochissimi risultano in grado di accendere la fantasia del pubblico. Uno di questi è certamente il funambolico Toprak Razgatlıoğlu, ma l'asso turco ha già annunciato il suo passaggio in MotoGP nel 2026 con il team Pramac Yamaha. Il suo principale avversario per la corsa al titolo iridato, Nicolò Bulega, dovrebbe seguirlo l'anno seguente e i veterani come Jonathan Rea, Andrea Iannone e Danilo Petrucci, seppur ancora competitivi, per questioni anagrafiche sono ormai vicini al crepuscolo della loro carriera. E così la Superbike potrebbe presto trovarsi a corto di stelle proprio in un momento di estremo bisogno, perché senza i campioni, senza rivalità accese, senza storie da raccontare, anche il miglior format possibile non può essere sufficiente. In termini di seguito, basti ricordare l'effetto rivitalizzante che ebbe l'arrivo di un personaggio come Max Biaggi nel mondiale e la grande risonanza dei suoi due titoli iridati con Aprilia nel 2010 e 2012.

L'incognita Liberty Media

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Una delle variabili entrate in gioco più recentemente è quella relativa all'aspetto gestionale, con gli americani di Liberty Media, già proprietari della Formula 1, che hanno ottenuto il semaforo verde per acquisire Dorna Sport e di conseguenza, il pacchetto comprensivo della MotoGP e della Superbike. E qui nasce un timore concreto, ovvero che la nuova proprietà possa considerare quest'ultima serie come un clone poco redditizio del motomondiale, "sacrificandola" sul suo altare. La chiave per evitare questa sovrapposizione dovrebbe essere la differenziazione, che eviti alla Superbike di venire considerata semplicemente la sorella minore della MotoGP per tornare ad avere una propria identità, forte e ben distinta. Per ottenere questo risultato si possono seguire molte strade, a livello tecnico (magari mantenendo le moto davvero aderenti a quelle più vendute nelle concessionarie), sportivo (con regolamentazioni meno cervellotiche) e pure nel format (chi non accoglierebbe con gioia il ritorno della vecchia Superpole sul giro secco?).

è il momento di svoltare

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Alla luce di quanto descritto, appare evidente come il mondiale Superbike sia alla disperata ricerca di nuove idee. E, in effetti, il momento appare propizio per un'autentica rifondazione. Oltre all'entrata in scena della nuova proprietà americana, le cui priorità restano comunque da verificare, sono in arrivo una nuova classe denominata Sportbike, destinata a rimpiazzare l'obsolescente Supersport, e un nuovo fornitore di pneumatici, Michelin, che si appresta a rimpiazzare Pirelli dalla stagione 2027. Al fine di indirizzare questi cambiamenti verso il successo occorre però una visione chiara e coraggiosa da parte degli organizzatori, che rimetta al centro lo spettacolo, i piloti e il pubblico invogliando sempre più costruttori a entrare in lizza per la vittoria. Sarà importante semplificare i regolamenti, investire sui giovani, valorizzare i circuiti storici e rendere il prodotto più appetibile da un punto di vista televisivo, aspetto in cui gli americani eccellono anche se con qualche rischio per l'integrità dello sport. Il tempo, però, stringe e la Superbike è di fronte a un bivio. Continuare sulla strada attuale significherebbe accontentarsi di un ruolo marginale ed è per questo che un cambiamento, per quanto rischioso, sembra al momento l'unica via per tornare alla passata grandezza. Magari non come ai tempi di Fogarty, Edwards, Bayliss e compagnia, ma quello spettacolo in pista che una volta era sempre garantito dalla Superbike deve costituire il pilastro su cui basare questa agognata rinascita.

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