Mkhitaryan: "Klopp mi deve ancora 50 euro per una scommessa dopo due gol…"

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Il giocatore dell'Inter racconta tutti gli allenatori che ha avuto, da Lucescu a Inzaghi, passando per Tuchel e Mou: "Con lui all'inizio è stata dura, ma a Roma ci capivamo al volo"

dal nostro inviato Vincenzo Di Schiavi

12 ottobre 2025 (modifica alle 17:27) - TRENTO

Due bambini con la maglia di Ronaldo e Milito guardano il palco del Teatro Sociale a bocca aperta. Attorno altre maglie. Quelle dell’Inter di oggi. Davanti a loro uno dei pilastri della recente storia nerazzurra. Henrikh Mkhitaryan si racconta. Scandisce le tappe che dall’Armenia l’hanno portato fino a Milano. Un viaggio lungo. Calcistico. E non solo. Tutto parte dalla figura paterna: “Ero attaccante come lui, ho cominciato ha giocare per mio padre e volevo imitarlo. Se non mi portava lui ad allenarmi mi mettevo a piangere. Poi mio padre se n’è andato per sempre e nel calcio, specie negli allenatori, ho anche ricercato una figura paterna”. Il primo, Lucescu: “Mi ha voluto allo Shakhtar, tre anni bellissimi, abitavo nel centro sportivo e ogni tanto mi spronava ad andare a divertirmi. Mi aiutava e dava consigli. Ci sentiamo ancora”. Al Borussia Dortmund, Jurgen Klopp: “Aveva una soluzione a tutto, sempre disponibile, ti ascoltava su qualsiasi argomento. A Dortmund ho attraversato un momento difficile, mi ha aiutato tantissimo. Mi deve ancora 50 euro per una scommessa dopo aver segnato due gol…”. Tuchel, sempre a Dortmund: “Volevo andarmene via, Tuchel mi ha parlato, mi ha detto farai 15 gol e 15 assist nel ruolo in cui ti vedo. Aveva ragione lui. Mi ha ridato felicità per il calcio”. Poi la chiamata di Mourinho allo United: “Opportunità che arriva una volta nella vita. Ho detto sì. All’inizio rapporto non facile, ma mi ha fatto crescere come uomo. Mi voleva mettere in difficoltà per vedere se riuscivo ad uscirne. Io non ho mai mollato. Alla fine mi ha spiegato com’è il mondo del calcio. Gli sono grato. L’ho ritrovato alla Roma e li ci siamo capiti in tutto e per tutto”. 

italianità

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Già Roma… United, Arsenal e l’arrivo nella Capitale, piuttosto rocambolesco: “Era il 2019, ad agosto Raiola mi chiede: cosa scegli Milan o Roma? In giallorosso avrei avuto più spazio e ho detto Roma. Si giocava Arsenal-Tottenham, poche ore prima Mino mi chiama e mi dice: 'Finita la partita prendi l’aereo e vieni a Roma che firmiamo il contratto'. A Roma il tifo è una cosa pazzesca. Tre anni bellissimi, ho ritrovato là il piacere di giocare a calcio. Più romano o milanese? Mi sento italiano. Mio figlio è nato a Roma, mia figlia a Milano”. Il passaggio all’Inter non è stato cosi semplice: “La Roma fu poco chiara, l’Inter mi accordò due anni di contratto. Forse Mou non sapeva nulla e quando lo scoprì si arrabbiò tantissimo con la società, venne da me chiedendomi cosa volevo, ma spiegai al mister che ormai era troppo tardi”. Simone Inzaghi: “Tre anni bellissimi. Per me è stato padre, amico, consigliere. Gli ho scritto quando è andato via”. Passaggio obbligato la Champions dell’anno scorso: “Orgoglio e trauma al tempo stesso. Percorso meraviglioso e poi negli ultimi mesi abbiamo perso tre titoli, ma il calcio è questo”.

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