Meno lavagna, più motivazioni: il destino di un ct mediano

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Rino non era la prima scelta, ma in fondo non lo è mai stato. Eppure con pressing e forza di volontà sapeva mettersi in tasca i geni. C'è diffidenza? Sì, ma peggio di Oslo non può andare

Fabio Licari

Giornalista

19 giugno - 08:56 - MILANO

Non era la prima scelta per la Nazionale e tutto sommato non gliene deve importare molto. In fondo Gattuso non è mai stato la prima scelta in tutta la carriera. Una vita da mediano, marcatore spietato, guardaspalle di Pirlo, mentre i titoli andavano a Totti, Del Piero, Cannavaro, Buffon. Tutti stereotipi che raccontano soltanto mezza verità sul ragazzo fuggito in Scozia a 19 anni per giocare sotto la pioggia dei Rangers, mentre gli altri più bamboccioni preferivano il sole di casa. In panchina, una versione più elaborata, fulminato sulla via della Spagna, dopo aver ammesso di capire poco di Guardiola, ma di averlo studiato. Come quegli studenti che non erano nati geni, ma avevano voti migliori perché facevano un pressing sconosciuto ai geni. 

il rino allenatore

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Gattuso ha sempre rischiato sulla sua pelle, chi era accanto a lui rischiava di meno perché si sentiva protetto. Può darsi che uno come Gattuso piaccia alla gente che non piace, non parliamo del calcio di oggi in cui, se non sei un predestinato, se la manovra non si definisce posizionale o relazionale, dove vuoi andare. Ma un Gattuso nel motore ci sta bene. E comunque in panchina Ringhio, "soprannome che mi sta stretto", è molto meno prevedibile che con l’8 sulla maglia. Si sono viste tante versioni di Gattuso allenatore, a tre e a quattro, con pressing o senza, con schemi in attacco o nessuno schema. Vediamo quale sarà quella da ct, con sempre meno tempo per memorizzare formule tattiche, ma importanza capitale nelle motivazioni, nel senso di appartenenza, nel fare squadra con tre allenamenti e due pacche brusche sulla spalla. 

missione america

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Logico che ci sia sospetto e diffidenza. Con tutta probabilità anche lui è diffidente. Ma si sta mettendo ancora in gioco. Un piccolo vantaggio è che non potrà andare peggio di Oslo, contro la miglior Norvegia degli ultimi tempi, essendo la peggior Italia dello stesso periodo, tra infortuni, periodo sbagliato e pressione da paura. Ha pagato Spalletti per tutti, ma se il debutto fosse stato contro Moldova ed Estonia e avessimo trovato Haaland a ottobre? È stato un segnale: così doveva andare. Ora tocca a Gattuso, con quella faccia e quella storia da emigrante, fare i bagagli e andare in America. Anche in terza classe, tra dolore, spavento e puzza di sudore dal boccaporto, schivando l’iceberg all’orizzonte. 

a costo di sbagliare

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Il suo vero maestro, Lippi, si rivede in lui per gestione del gruppo e attenzione non ossessiva alla tattica. Lippi decideva a costo di sbagliare, nessuno l’ha mai visto esitante: prima di andare a Oslo, sulla strada del 2006, tagliò per sempre Cassano, che oggi sarebbe la stella, perché incompatibile con il suo gruppo. Vinse. Un bel discorsetto ai convocati sarà indispensabile: sono stato in Nazionale prima di voi, qualche volta mi rompevo i santissimi anch’io, so come si marca visita, amichevoli non ce ne sono più ma attenti che rischiamo di giocarne tante, mentre gli altri fanno Mondiali ed Europei. Se qualcuno ha altre idee, lo dica subito e amici come prima, o taccia per sempre... Sono le promesse che oggi vorremo sentire nella prima conferenza da ct. 

meno lavagna più motivazioni

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Non siamo quelli di Oslo: dalla Nations alla Norvegia c’è un abisso tecnicamente inspiegabile se non con la chiusura triste di un ciclo per ragioni fisiche e psicologiche. Ora meno lavagne tattiche: Gattuso sia più motivatore e preparatore atletico. Un ct mediano (di spinta). Tonali, Barella, Donnarumma, Kean, Calafiori, Cambiaso, Bastoni hanno dimensione europea, prima di scomparire l’aveva anche Chiesa, il miglior acquisto teorico. Non abbiamo Yamal, Bellingham, Doué e Musiala, ma ce la siamo cavata spesso bene senza di loro. E con i Gattuso. Fosse arrivato Lippi, Sacchi, Capello, Ancelotti, Conte, nessun dubbio. Con Ranieri si poteva sperare nel nuovo miracolo italiano. A Gattuso il compito di convincere tifosi, critici e giocatori: possiamo chiedergli tanto di più oggi?

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