Meloni con Trump e la Nato, "si vis pacem para bellum"

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 Giorgia Meloni difende Trump e si schiera con la Nato. Il "caos" mondiale è "crescente", scandisce nell'Aula di Palazzo Madama, ma "non inizia oggi" e "non è stato generato" dal presidente Usa. E ancora: "Una difesa europea parallela alla Nato sarebbe un errore", serve piuttosto "una colonna europea" dell'Alleanza Atlantica.

Per spiegare l'approccio improntato alla deterrenza la premier rispolvera un detto degli antichi romani: "Si vis pacem, para bellum" (Se vuoi la pace prepara la guerra), perché "se si hanno sistemi di sicurezza e di difesa solidi si possono più facilmente evitare conflitti". Immediata la replica della segretaria del Pd, Elly Schlein: "Rspetto a 2000 anni fa il mondo ha fatto dei passi in avanti, preparare la guerra è il contrario di quello che serve e vuole l'Italia". Scintille anche tra la presidente del Consiglio e Giuseppe Conte sull'impegno del 2% del Pil per le spese militari: "Una firma è una firma e quella firma è stata messa", afferma la presidente del Consiglio riferendosi al periodo in cui a Palazzo Chigi c'era il leader pentastellato.

E lui smentisce: "Si ripetono falsità, io non ho mai firmato nulla", quella percentuale è stata sottoscritta nel 2014. Meloni interviene al Senato in replica, dopo le comunicazioni in vista del Consiglio europeo e, inevitabilmente, parte dagli ultimi sviluppi in Medio Oriente: "Lo scenario" della tregua "andava nella direzione che auspicavamo" ma "ora si è nuovamente complicata la situazione" e c'è una possibile "divisione nello scenario iraniano di cui tener conto". Detto ciò, "siamo ancora fiduciosi che si possa tornare alle negoziazioni".

Capitolo Europa e Alleanza Atlantica: "Penso che l'Ue si sia indebolita da sola, non credo sia colpa del nazionalismo", afferma la presidente del Consiglio definendo l'aumento delle spese per la difesa al 5% "un impegno carico di responsabilità" da parte dei membri Nato, "alla luce di un contesto molto incerto. Nelle ultime settimane - sottolinea - ci siamo impegnati a rendere il percorso sostenibile, flessibile e credibile". Le spese? Vadano a beneficiare "prioritariamente aziende italiane" ed europee, ma "quando non è possibile si lavora con gli alleati". Alle opposizioni, che la incalzano sul ruolo poco rilevante dell'Italia nello scacchiere internazionale, ribatte: "Non considero politica estera quella fatta di foto opportunity e faccio molte più cose di quelle che condivido", poi saranno "gli italiani a giudicare".

Le risposte anche affilate non mancano, ma i toni sono più pacati del solito: "Non risponderò alle provocazioni - premette Meloni - in uno scenario complesso c'è bisogno di ragionare il più possibile insieme, e voglio ringraziare alcuni interventi dell'opposizione che vanno in questa direzione".

Eppure, non manca uno sfottò a Conte: "Vorrei tanto essere lui, e invece sono Giorgia Meloni...". "Lei ha scommesso su Trump e ha portato l'Italia all'irrilevanza", attacca dal Pd il capogruppo Francesco Boccia. "Meloni ha confermato la sua scelta per il riarmo", punta il dito Elisa Pirro del M5s. Se Matteo Renzi punzecchia la premier ("L'idea che siamo cresciuti in autorevolezza" internazionale "rispetto a Draghi non mi convince"), Carlo Calenda dice di condividere "larga parte" di ciò che ha affermato. Forza Italia schiera Maurizio Gasparri per replicare a tono: "Andiamo avanti con un governo che fa cose serie, gli altri sono all'autogrill". "Fieri di sostenere un governo che scommette sull'Italia", dice pure da FdI Lucio Malan. Dopo la seduta (in cui passa la risoluzione del centrodestra e quella di Azione con alcune correzioni) la premier lascia l'emiciclo per dirigersi al Quirinale per il pranzo di lavoro con il presidente della Repubblica che tradizionalmente precede il Consiglio europeo. In giornata raggiungerà L'Aja per il vertice Nato e poi volerà direttamente Bruxelles. 

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