L'analista finanziario Pietro Calì all'Adnkronos: "Per guidare il gruppo dopo la fusione tra Mps e Mediobanca – focalizzato su investment banking, corporate finance e wealth management – servirà un Ceo con un profilo ibrido ed esperienza in entrambi i settori"

15 settembre 2025 | 19.23
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Si avvicina il Cda di Mediobanca, previsto per giovedì: in mattinata secondo quanto apprende Adnkronos. In attesa di capire se l’amministratore delegato Alberto Nagel presenterà le proprie dimissioni, impazza il toto-nomi sul suo possibile successore. "Per guidare il gruppo dopo la fusione tra Mps e Mediobanca – focalizzato su investment banking, corporate finance e wealth management – servirà un Ceo con un profilo ibrido ed esperienza in entrambi i settori", spiega all’Adnkronos l’analista finanziario Pietro Calì.
Al momento non circolano candidature ufficiali, ma secondo Calì "Luigi Lovaglio resta centrale: sta conducendo l’offerta ostile e ha già dichiarato di voler sostituire Nagel con un brillante Ceo internazionale. Potrebbe giocare un ruolo guida preparando il nuovo assetto e depositando entro il 3 ottobre 2025 la lista dei candidati al Cda, compreso il futuro Ceo". Per valorizzare il marchio, secondo l’analista, "l’integrazione dovrà essere graduale, mantenendo inizialmente distinti i brand: Mps per il retail locale e Mediobanca per l’investment banking. Il rischio, altrimenti, è annacquare il valore di uno dei due marchi".
Sul fronte dei lavoratori – circa 20mila in Mps e 5mila in Mediobanca – il tema resta aperto. "Si registra comunque fermento: diverse figure di spicco di Mediobanca stanno valutando le dimissioni e alcuni manager hanno già venduto azioni", osserva Calì. In caso di fusione completa, dice, "le sinergie stimate sarebbero pari a 700 milioni l’anno, tra risparmi di costo e ricavi aggiuntivi, oltre a benefici fiscali per circa 2,9 miliardi in crediti d’imposta differiti (Dta) da sfruttare per sei anni, subordinati al raggiungimento della soglia del 66,67% necessaria all’integrazione piena".
Un capitolo a parte riguarda Banco Bpm, che detiene indirettamente il 9% di Mps. Alcuni analisti lo indicano come possibile secondo step di consolidamento per la creazione di un “terzo polo” italiano. "Personalmente resto scettico – commenta Calì –. L’integrazione tra Mps e Mediobanca sarà già complessa e richiederà tempo. Parlare oggi di un ulteriore player mi sembra prematuro". Un’eventuale alleanza ampliata, spiega Calì, porterebbe un gruppo con circa 200 miliardi di asset e sinergie aggiuntive stimate tra i 400 e i 500 milioni, ma non senza rischi. "Resta il tema regolatorio: non è detto che le autorità concedano il via libera". (di Andrea Persili)
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