"Il nazionalismo da opporre ad altri nazionalismi nasce, in fondo, dal considerare gli altri popoli come nemici, se non come presenze abusive o addirittura inferiori per affermare con la prepotenza e, sovente, con la violenza, pretese di dominio. Per un trentennio tutto questo sembrava avviato ad essere archiviato nel passato. La fine della Guerra Fredda, con il dialogo Reagan-Gorbaciov e l'apertura a un'accentuata interdipendenza globale, sembrava aprire un'era di pacificazione". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo intervento all'iniziativa della Comunità di sant'Egidio "costruire la pace".
"Oggi ci confrontiamo con uno scenario molto diverso, anche in Europa. Il tema della forza pretende nuovamente di essere misura delle relazioni internazionali", ha aggiunto, avvertendo che la pace va cercata, coltivata e "osata". "Come ha ricordato Sua Santità Leone XIV", ha sottolineato Mattarella, "serve disarmare gli animi e disarmare le parole per poter realmente favorire la pace".
E ha fatto proprio l'appello del Papa, in occasione della visita al Quirinale, affinché si "continui a lavorare per ristabilire la pace in ogni parte del mondo e perché sempre più si coltivino e si promuovano i principi di giustizia, di equità e di cooperazione tra i popoli, che ne sono irrinunciabilmente alla base".
"Di fronte a queste parole e osservando l'instabilità, le tensioni, i conflitti, la violenza - anche verbale - che caratterizzano la nostra contemporaneità, si registra la diffusione di atteggiamenti che, se applicati alla convivenza all'interno delle nostre società nazionali, meriterebbero l'appellativo di teppistici", ha detto ancora il Capo dello Stato.
"Continuiamo a investire in percorsi di dialogo e di mediazione, a sostenere chi soffre, a costruire ponti tra i popoli, per contribuire a un mondo in cui la pace non sia un sogno per gli illusi, ma una realtà condivisa. Quella realtà in cui, come ricordava Papa Francesco, 'si riconosce la dignità di ogni essere umano, quando la fratellanza diventa principio ispiratore di un ordine internazionale più giusto e sostenibile'", ha sostenuto il presidente della Repubblica evidenziando che "risulta oscuro come comportamenti ritenuti generalmente riprovevoli, se non severamente censurabili, quando relativi alle normali relazioni umane, abbiano la pretesa, nelle relazioni internazionali, di essere considerati fatti politici".
Allo stesso tempo, ha proseguito, "alla parola "dialogo", viene attribuito, anziché il carattere della fortezza, il segno di una debolezza, di una remissività. Le azioni di forza e i "fatti compiuti" pretendono di assumere la natura di situazioni definitive, mentre non sono che la premessa dell'esplodere di future contrapposizioni. Con insensatezza e, ancor più, con cinismo, il "costo", anche in vite umane, della guerra viene spesso percepito dai belligeranti come inferiore a quello della pace",
"Le notizie giunte nei giorni scorsi da Gaza, dopo gli accordi di Sharm El-Sheikh, con i primi passi di intesa tra le parti in conflitto in Medio Oriente e il rilascio degli ostaggi, ci ricordano che i processi di pace hanno bisogno di perseveranza, di pazienza, di lavoro di mediazione, di assunzione di responsabilità", ha affermato ancora Mattarella. "Chiediamoci - ha aggiunto - cosa induce a non usare le immani risorse per bruciarle sull'altare della guerra per costruire, invece, la pace? Occorrono cambiamenti radicali nella mentalità e nella condotta prescelte".
"Certo, per la pace occorre grande coraggio e molto lavoro ma la pace conviene, la pace è vita, la pace è sviluppo. Le guerre, ci ha ricordato Andrea Riccardi, evocando la "Fratelli tutti", lasciano il mondo peggiore di prima. Non a caso Pio XII, nel 1939 aveva ammonito: "Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra". Nel Vicino e Medio Oriente, in Ucraina, in Sudan, in tante altre parti del mondo, quanto occorrerà per restaurare i rapporti fra le persone?".
"Condivido le parole del Rabbino Capo Goldschmidt: 'è necessario cambiare e cercare insieme la pace'. Oggi il coraggio di osare la pace assume un valore ancora più prezioso", ha aggiunto Mattarella. "Istituzioni, diplomazie e numerosi altri "facilitatori di pace", incluse le comunità religiose - ha detto ancora il Presidente della Repubblica - portano avanti quest'opera giorno dopo giorno, spesso lontano dai riflettori e senza ambire a superflui riconoscimenti esteriori. Vorrei qui - anche come viatico per gli sviluppi futuri - richiamare una frase del Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayeb che, parlando di pace e fratellanza interreligiosa, ha ribadito la necessità per tutti di innalzare «lo stendardo della pace, anziché quello della vittoria, e [sedersi] al tavolo del dialogo». Alla forza della prepotenza va contrapposta la forza tranquilla delle istituzioni di pace".
Per Mattarella "l'auspicio è che la 'scintilla di speranza', come l'ha definita Leone XIV, innescata in Terra Santa si estenda anche all'Ucraina, dove le iniziative negoziali stentano ancora a prendere concretezza mentre le sofferenze di bambini, donne, uomini procurate dall'aggressione russa non accennano a diminuire. Quanto avviene ci impone di perseverare in una risposta comune, equilibrata, mossa dal senso di giustizia e di rispetto per la legalità internazionale, dalla vigenza universale dei diritti dell'uomo. Sono i principi in cui si riconosce la Repubblica Italiana".
Il capo dello Stato ha infine ricordato "il contributo dei peace-maker, che costruiscono ponti e tessono relazioni tra comunità in conflitto, e dei peace-keeper, che vegliano sul rispetto dei cessate il fuoco e sulla protezione dei più vulnerabili, è inestimabile: far germogliare un principio di pace anche nei contesti più ostili".
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