L'allenatore del Chelsea, ospite sul palco del Festival dello Sport di Trento, racconta la sua carriera, i suoi maestri ("da Ancelotti a Lippi ma il tipo di calcio che mi ha sempre affascinato di più è stato quello di Guardiola") e il rapporto con la famiglia
Il calcio è passione, istinto, adrenalina pura. Ecco perché Enzo Maresca non si pente della corsa verso il settore più caldo di Stamford Bridge dopo la vittoria del suo Chelsea contro il Liverpool che gli è valsa un'espulsione. "Non ce l'ho fatta a trattenermi perché è la prima volta che vinciamo una partita dopo il novantesimo e contro i campioni d'Inghilterra". E anche i tanti infortuni che deve gestire in questo momento (più di dieci) non gli fanno perdere il sonno. "Noi e il Psg siamo le squadre che stanno portando i segni dello sforzo al Mondiale per club. Ma è stato troppo bello giocare quella competizione e troppo bello vincerla. Quindi in qualche modo mi arrangerò". Sul palco del Festival di Trento l'unico allenatore italiano in questa stagione in Premier ha parlato di tutta la sua vita, da calciatore ad allenatore. "La curiosità mi ha sempre seguito nella vita. Mi piace imparare, era così da giocatore e anche adesso è lo stesso. Da chi ho preso? Ho avuto la fortuna di avere tanti allenatori bravi: da Ancelotti a Lippi ma il tipo di calcio che mi ha sempre affascinato di più è stato quello di Guardiola. Forse giocando con il Siviglia contro quel Barcellona ho capito che avrei fatto l'allenatore".
giramondo
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Maresca a 11 anni ha lasciato Salerno per inseguire il sogno da calciatore al Milan: "È stato tremendo, non fatelo con i vostri figli". E poi ha giocato in Inghilterra e Spagna. "Al Siviglia è stato bellissimo, ho avuto la fortuna di segnare due gol nella finale di Europa League e di avere un allenatore come Pellegrini da cui ho imparato tanto. E poi in Spagna ho conosciuto mia moglie, la madre dei miei quattro figli. A proposito non c'è paragone tra il mestiere di allenatore e quello di padre. È molto più difficile il secondo perché non sai mai qual è la soluzione giusta da prendere".
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"Stare vicino a uno come Pep è stato fantastico, vedere come cura i dettagli e come gestisce la squadra fondamentale per la mia crescita". Maresca guarda avanti: dopo aver portato due trofei al Chelsea e soprattutto riportato i Blues in Champions non pensa ai trofei: "Ho sempre pensato che i giocatori siano gli interpreti assoluti, il mio compito è quello di cercare di migliorarli perché così si migliora la squadra". Enzo è legatissimo alla famiglia e chiude raccontando come la mamma e la moglie vedevano il suo ruolo di giocatore e ora quello di allenatore in maniera opposta. "Quando giocavo per mia madre avevano sempre ragione i giocatori e mai gli allenatori, ora pensa che abbiano sempre ragione gli allenatori e mai i giocatori. Mia moglie invece prima dava ragione agli allenatori e ora ai giocatori". Mondiale, in tutti i sensi.