Ancora un caso nel rugby: sebbene gli studi non dimostrino una sicura correlazione, il numero dei giocatori di altissimo livello coinvolti inizia a diventare critico. Prima di lui i casi di van der Westhuizen, Weir, Borrow, Jones e Slater
Prima di lui era toccato alla leggenda scozzese Doddy Weir e al mito sudafricano Joost van der Westhuizen, ora l’ultimo in ordine di tempo ad annunciare di essere malato di Sla è Lewis Moody, flanker della nazionale inglese di rugby, di cui è stato anche capitano, oltre che di Leicester Tigers e Bath. In un'emozionante intervista alla Bbc, Moody ha rivelato che tutto è cominciato da un dolore alla spalla apparentemente irrisolvibile, finché una risonanza magnetica non ha evidenziato il problema neurologico riferito alla sclerosi laterale amiotrofica, che porta al progressivo disfacimento muscolare.
precedenti e statistiche
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Moody è sposato con Annie insieme alla quale ha due figli, Dylan ed Ethan, rispettivamente di 17 e 15 anni. Ovviamente tutto il mondo del rugby, inizialmente e inevitabilmente sotto choc, si è stretto attorno all’ex terza linea che vanta 71 caps in nazionale, di cui 12 da capitano, e altre 3 presenze con i British&Irish Lions. Inevitabile anche tornare ai precedenti più noti nel mondo del rugby: quello della leggenda scozzese George “Doddie” Weir, che rese nota la sua malattia nel 2017 e che è poi morto nel 2022, quello della stella del rugby league Rob Burrow, che lo scoprì nel 2019 e che è scomparso nel 2024, seguiti poi dai casi della leggenda gallese Ryan Jones e dell’altro inglese Ed Slater, che un paio di anni fa annunciarono, il primo, di avere i sintomi della demenza senile, il secondo di essere costretto a ritirarsi per la Sla. Prima di loro ad aprire uno squarcio sulla malattia era stato van der Westhuizen, leggendario mediano di mischia degli Springboks campioni del mondo nel 1995, che si ammalò nel 2011 a 40 anni e morì 6 anni dopo. Una serie di casi che non possono permettere al rugby, d’altronde come accadde negli Usa in seguito al susseguirsi di casi di malattie neurologiche degenerative che stavano colpendo ex giocatori di football americano, di sottovalutare il problema. Uno studio del 2022 dell’Università di Glasgow e pubblicato sul Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, mise in evidenza come su 412 giocatori di rugby sottoposti ad esami, a fronte di altri 1200 soggetti, l’incidenza della malattia dei motoneuroni e della sclerosi laterale amiotrofica, che è la più specifica e grave delle malattie neurologiche, poneva un rischio di 15,17 volte maggiore, statisticamente molto più elevata rispetto ai rischi di demenza e Parkinson (2,17 e 3,04 volte più alta rispettivamente tra gli ex-giocatori). Il rugby, in termine di prevenzione, trattandosi come il football americano di sport di contatti molto violenti, può limitarsi a introdurre regolamenti e sostegni tecnologici atti a fermare un giocatore durante una partita nei casi di concussion: non è moltissimo, ma non è nemmeno poco. D’altronde, di fronte comunque a studi che non possono mettere in correlazione l’insorgere della malattia come esclusiva e certa conseguenza degli impatti subiti dai giocatori ad altissimo livello, ci si può solo limitare a tutelare la salute degli atleti nell’immediato.
sostegno
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Così come accaduto ai suoi colleghi prima di lui, il mondo del rugby si è subito unito a sostegno di Moody. A cominciare dalla squadra nella quale aveva speso 14 anni e quasi tutta la sua carriera professionistica, i Leicester Tigers. “Al di là del giocatore, Lewis ha sempre rappresentato per i Tigers un esempio di impegno, calore e passione, rendendolo caro ai compagni di squadra, allo staff e ai tifosi”, ha dichiarato l’amministratrice delegata Andrea Pinchen. Ricordando anche che proprio l’ex giocatore e la moglie Annie avevano creato la Lewis Moody Foundation, a sostegno della ricerca sui tumori cerebrali e aiutando le famiglie colpite per 12 milioni di sterline di donazioni. E oggi quel sostegno sta subito tornando indietro alla famiglia Moody: su iniziativa degli ex compagni di squadra Leon Lloyd e Geordan Murphy, è stata infatti lanciata una raccolta fondi “per le necessità che Lewis e Annie avranno dopo la diagnosi e per le cause che sceglieranno di sostenere, una volta individuato il modo migliore per canalizzare i propri sforzi”. Il caso più noto nel rugby di associazione per la raccolta fondi è sempre quello legato a Doddie Weir e alla sua “My Name'5 Doddie”, che dal 2017 a oggi ha raccolto quasi 20 milioni di sterline per finanziare la ricerca sulla malattia e che solo nel 2025 ha impegnato 1 milione e 350 mila sterline in “progetti di ricerca all'avanguardia sulla malattia del motoneurone”. Nel corso della sua toccante intervista alla BBC, Moody ha infatti aggiunto che “ci sarà un momento in cui avremo bisogno del loro aiuto, per ora sapere che c’è tanto affetto e vicinanza è tutto ciò che conta”.