Lavorare da casa fa bene o male? La risposta dipende da noi...

3 ore fa 1

Due decenni di studi dimostrano che, quando si parla di smart working, conta il numero di giorni, il sesso e soprattutto le condizioni di partenza

Eugenio Spagnuolo

22 dicembre - 12:00 - MILANO

La salute mentale migliora o peggiora quando lavoriamo da casa? Domanda legittima a cui, però, non esiste una risposta sola. Un gruppo di ricercatori australiani ha seguito per vent'anni oltre 16 mila lavoratori per capirci qualcosa e ciò che ha scoperto è che la formula magica del lavoro da remoto, quella che dovrebbe renderci tutti più felici e produttivi, in realtà funziona soprattutto per le donne. E solo in certe condizioni. Per gli uomini, invece, lo smart working funziona fino a un certo punto...

Jan Kabatek e Ferdi Botha del Melbourne Institute dell'Università di Melbourne, insieme ai colleghi Jordy Meekes e Roger Wilkins, hanno analizzato i dati della HILDA Survey, un'indagine nazionale che dal 2002 tiene traccia di salute, lavoro e reddito degli australiani. Hanno escluso il 2020 e il 2021, quando la pandemia avrebbe falsato tutto, e si sono concentrati su due aspetti: il tempo di pendolarismo e il lavoro da casa. "I lavoratori con problemi di salute mentale sono i più sensibili ai tragitti lunghi e quelli che traggono maggior beneficio da sostanziali modalità di lavoro da casa" spiegano i ricercatori, aggiungendo che "questo accade in parte perché chi ha una salute mentale fragile ha già una capacità più limitata di affrontare eventi stressanti". 

Lo smart working sembra, poi, essere apprezzato soprattutto dalle donne: lavorare da casa, mantenendo uno o due giorni in ufficio, riduce lo stress. Per chi ha una psiche più fragile, i benefici sono comparabili a un aumento del 15 per cento del reddito. E non è solo questione di risparmiarsi un viaggio: il lavoro da casa alcuni giorni a settimana facilita la gestione della famiglia e questo ha un effetto positivo sulla salute mentale. 

Gli uomini, invece, non sembrano trarre benefici rilevanti dal lavoro da remoto, a prescindere da quanti giorni passino a casa o in ufficio. Per loro conta più che altro il tempo di spostamento: tragitti lunghi peggiorano la salute mentale, soprattutto se già fragili. Un uomo nella fascia media di benessere psicologico che aggiunge mezz'ora al viaggio di andata subisce un calo di salute mentale pari a quello provocato da una riduzione del 2 per cento del reddito familiare. 

I ricercatori ipotizzano che la differenza dipenda dalla distribuzione dei compiti domestici nelle famiglie australiane e dal fatto che per gli uomini il lavoro sia anche il luogo dove si socializza. Per chi invece gode già di una buona salute mentale, uomini o donne che siano, la storia cambia: apprezza lo smart working ma non ne ha bisogno per mantenersi in equilibrio. In ogni caso, lo smart working ha il suo peso nella scelta di un lavoro. "E le aziende che offrono possibilità di lavoro ibrido e flessibile - ammettono i ricercatori - potrebbero essere in una posizione migliore per attrarre buoni candidati e trattenere i validi dipendenti che già hanno...".

Leggi l’intero articolo