Lautaro da 10, Mkhi tornato alle origini e le ali. Come Chivu sta cambiando l'Inter

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All'esordio al Mondiale contro il Monterrey il nuovo tecnico ha scelto un 3-5-2 di stampo "inzaghiano". Ma nella ripresa ha stravolto l'attacco

Gregorio Spigno

Giornalista

18 giugno - 14:00 - MILANO

Cristian Chivu l'aveva annunciato qualche giorno fa mentre veniva presentato ufficialmente come nuovo allenatore dell'Inter e pure poche ore prima dell'esordio Mondiale contro il Monterrey: "Più principi e meno moduli: sì, è probabile che si vedranno cose nuove. L'obiettivo è aggiungere qualcosa di diverso". In prima battuta, nella sfida ai messicani di ieri notte, osservando approccio e piano tattico dei nerazzurri contro Sergio Ramos e compagni sembrava un bluff. Perché l'Inter si è organizzata sul campo in modo molto simile a come l'avrebbe schierata Simone Inzaghi: solito 3-5-2, cambio naturale con Asllani in regia al posto dell'infortunato Calhanoglu e poi i soliti, per quanto possibile. Spinta sulle corsie esterne e incursioni centrali. Un calcio vicino a quello dell'allenatore ormai dell'Al-Hilal. 

La prima, vera novità è però venuta fuori in fase di non possesso, più precisamente quella difensiva su un calcio d'angolo del Monterrey: nessuna marcatura a uomo, sì a quella a zona. Risultato? Gol di testa di Sergio Ramos. Ma ci può pure stare, perché per assimilare concetti comunque molto diversi da un passato recentissimo è chiaro che non bastino tre allenamenti. Però va anche riconosciuto a Chivu di essere entrato nello spogliatoio subito a gamba tesa, cercando di trasmettere alla squadra concetti opposti rispetto a quelli di Inzaghi. I suoi. Un altro esempio è poi la punizione che ha portato al pareggio di Lautaro Martinez: uno schema mai visto, con la palla scodellata morbidissima da Asllani verso il secondo palo, lo "scherzo" di Acerbi che parte consapevolmente in netta posizione di fuorigioco e permette a Carlos Augusto di attaccare la profondità creatasi alle sue spalle per apparecchiare il tap-in del Toro. 

cambio modulo

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La vera scelta di rottura rispetto alla filosofia "inzaghiana" si è vista nella ripresa, quando Chivu - per aumentare la pressione offensiva e la ricerca del vantaggio - dal 3-5-2 è passato al 3-4-2-1 alzando le posizioni di Lautaro e Mkhitaryan dietro Thuram unica punta (nel frattempo subentrato a Sebastiano Esposito). Un mezzo inedito per il Toro, un ritorno alle origini per l'armeno che nasceva proprio esterno d'attacco ma con il passare degli anni si è abbassato sempre più verso il centro del campo. Un progressivo arretramento di posizione che non è certamente una novità tra i calciatori più esperti. Chivu però stravede per Mkhitaryan ed evidentemente da tempi non sospetti, tanto da rilanciarlo dove iniziò la sua carriera. 

Il cambio tattico del nuovo allenatore nerazzurro ha effettivamente portato più idee e qualità in zona offensiva, tanto che l'Inter ha mantenuto meglio il gioco in mano sfiorando il vantaggio in diverse occasioni (Barella alto, Lautaro annullato per fuorigioco, ancora l'argentino che ha sprecato un rigore in movimento sparacchiando a lato). E di conseguenza il centrocampo da 3 si è ridotto a 2 con la diga Barella-Sucic e le corsie esterne occupate da Dimarco e Luis Henrique. Poche variazioni a livello di uomini, tante invece sul piano tattico. Il primo disegno dell'Inter di Chivu. Che guardando solo al risultato è stato rimandato, ma pensando alle innovazioni apportate subito ad una squadra recentemente statica, offre spunti e alimenta la curiosità attorno al tecnico rumeno.

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