La caduta degli dei

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Le eliminazioni da Wimbledon di Tsitsipas, Berrettini e Zverev raccontano l'altra faccia del successo: l'ossessione per la vittoria può costare cara e la felicità è una partita molto più complessa

Luigi Garlando

Giornalista

3 luglio - 07:08 - MILANO

Te li immagini che passeggiano sorridenti sull’Olimpo, sorseggiando ambrosia. L’acheo Stefanos Tsitsipas dai capelli al vento; il nostro Matteo Berrettini dal sorriso radioso; il biondo Alexander Zverev, nume nibelungo. Talentuosi, affascinanti, ricchi. E invece, ad accomunarli a Wimbledon, dopo l’inattesa eliminazione al primo turno, sono state confessioni amare e spiazzanti. Tsitsi, esausto di combattere contro un nemico invisibile, il mal di schiena: "Il mio corpo è fragile. Senza salute, il tennis è un inferno. Così non ha senso competere". Ha lottato contro il dolore anche Berrettini, ma c’è qualcosa di più: "Mi è mancata l’energia, il mio solito atteggiamento. Stare in campo così, non mi piace". Il malessere di Zverev è ancora più profondo: "Mi sento vuoto, solo, anche nella vita. Ho perso l’entusiasmo, la gioia, anche quando vinco. Devo farmi aiutare". Si è tolto la maschera del campione per mostrare le fragilità di giovane uomo. 

patto col diavolo

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Il successo è un patto col diavolo. Bublik spiega: "Ho vinto poco, ma ho sempre dato al tennis solo il 50% della mia vita". Dare di più, "ossessionarsi", come dice Sinner, può costare un prezzo. Il talento isola, una carriera sportiva al top nega una quotidianità ordinaria di amicizie e rapporti. La confessione di Zverev può essere una lezione preziosa per i ragazzi, magari quelli usciti dalla maturità che si affacciano al futuro: il successo, e ancora meno il benessere, non sono garanzie assolute di felicità. La felicità è una partita molto più complessa. Giocatevela con i sogni, ma anche con i sentimenti. La felicità è roba da uomini, non da dei.

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