L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di frane: nella sua storia se ne contano complessivamente più di 636mila, avvenute fin dai tempi più antichi e delle quali si conservano ancora le tracce. Il fenomeno prosegue ancora intensamente, considerando che nel 2024 sono state 129 e nei primi cinque mesi del 2025 se ne contano 10. La più recente è quella del 28 maggio nel comune di Foza, in provincia di Vicenza, dove un masso si è staccato da un versante ed è precipitato su una strada provinciale. Sono i dati riportati su IdroGeo, la piattaforma nazionale sul dissesto idrogeologico dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) , che sottolineano l’importanza di un fenomeno naturale molto frequente nel paesaggio italiano eppure ancora poco conosciuto e difficilmente prevedibile.
“L’Italia è sicuramente il Paese europeo con il maggior numero di frane note e ci aspettiamo che il rischio aumenti nei prossimi anni, a causa del cambiamento climatico che tende sempre più a concentrare nel tempo le precipitazioni”, dice all’ANSA Fausto Guzzetti dell’Istituto di Matematica Applicata e Tecnologie Informatiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche e membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei, nella cui sede romana oggi un convegno cerca di fare il punto proprio su questo tema. “Le frane scolpiscono il nostro ambiente e sono a loro volta influenzate da esso. Noi pensiamo di conoscerle, ma in realtà non così bene: ad esempio, le alluvioni del maggio 2023 in Emilia-Romagna hanno causato oltre 80mila frane in pochissimi giorni”.
Le mappe disponibili sulla piattaforma IdroGeo mostrano come buona parte del territorio italiano, a parte le aree pianeggianti, sia caratterizzato da una elevata pericolosità. La popolazione a rischio, in particolare, è circa il 2,2%, più di 1.300.000 persone. Inoltre, come ha sottolineato Paola Salvati dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Cnr, tra i partecipanti al convegno, dal 1974 al 2023 le frane hanno causato 1.060 morti e oltre 138mila sfollati.
“Le frane più pericolose sono quelle molto veloci, che si innescano in caso di piogge intense o quando il terreno è costituito da depositi vulcanici”, dice ancora Guzzetti, tra gli organizzatori dell’evento. “A questo proposito è importante capire come i cambiamenti climatici ma anche ambientali, legati anche all’economia e al diverso uso del territorio, impattano e soprattutto impatteranno sulle frane e sulla nostra capacità di prevederle. In questo momento – prosegue il linceo – abbiamo difficoltà proprio con quelle previsioni che potrebbero essere più utili per la pianificazione territoriale, cioè quelle da 10 a 50 anni”.
Scopo del convegno, che si inserisce nella Giornata Mondiale dell’Ambiente, è appunto anche quello di cercare di capire quali sono gli ostacoli principali all’applicazione delle conoscenze e delle tecnologie già disponibili. “Uno degli ostacoli è quello dei costi e delle risorse disponibili, poi c’è la necessità di passare da prototipi ad applicazioni generalizzate, che è un processo che richiede tempo”, afferma Guzzetti. “In altri casi il problema è solo organizzativo: ad esempio – conclude – dobbiamo cercare di rendere disponibili in modo più sistematico le informazioni che ci arrivano grazie alle costellazioni di satelliti come Copernicus”.

Buona parte del territorio italiano è caratterizzato da una elevata pericolosità (fonte: IdroGEO - ISPRA)
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