Un vertice serale sulla manovra, convocato da Giorgia Meloni nel giorno in cui doveva essere licenziata dalla commissione Bilancio del Senato dà l'idea di quanto delicata sia la situazione. Mentre lei a Bruxelles arginava le spinte per l'uso degli asset russi, aprendo la strada per l'accordo sui prestiti da 90 miliardi a Kiev, a Roma la sua maggioranza e il suo governo entravano in un cortocircuito sulla stretta alle pensioni. Sono le tipiche situazioni che alla premier provocano irritazione e disappunto.
Anche perché ai piani alti del governo si stigmatizza l'atteggiamento di una Lega che tiene un piede nel governo e uno fuori, puntando su battaglie populiste.
Un giochino da furbi, succede sulla politica estera, su quella economica, questo a lungo andare può diventare un problema, una situazione - si sintetizzava in ambienti meloniani nel pomeriggio - preoccupante per la presidente del Consiglio, che in serata ha convocato a Palazzo Chigi i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il suo vice Maurizio Leo e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Un vertice per chiarirsi, spiega una fonte di governo. La presidente del Consiglio, nota chi le ha parlato, sa che toccare le pensioni è doloroso, ma ritiene che le tensioni tra alleati non possano essere tirate fuori in modo così plateale, anche perché era stato tutto definito con il ministro leghista Giorgetti.
Ora basta, è il messaggio che la premier, non potendo intervenire direttamente da Bruxelles, ha fatto pervenire ai protagonisti della concitata notte di trattative sulla manovra in Senato: bisogna mettere le cose a posto, subito. L'incidente sulle pensioni ha causato uno slittamento. L'intera giornata, che doveva essere il day after di un successo politico e diplomatico ottenuto al Consiglio Ue, è stata dedicata soprattutto a gestire gli strascichi di una notte in cui governo e maggioranza hanno messo in evidenza più di un dissidio interno. Soprattutto alla Lega. "Da adesso forse sarà chiaro che se diciamo no è no", la linea del partito di Salvini espressa da Claudio Borghi. Dentro FdI si rivendica il ruolo di forza "senziente", e si sottolinea la mediazione di Ciriani, e anche del sottosegretario al Mef, il leghista Federico Freni, che secondo questa ricostruzione hanno evitato quantomeno la bocciatura di un emendamento del governo da 3,5 miliardi. Se non conseguenze più gravi.
Forse per questo scarseggiavano i sorrisi in serata alla cerimonia di auguri al Quirinale (poco prima della riunione a Chigi), dove è rimasta vuota la sedia di Giorgetti. "Sta lavorando per il Paese", la precisazione di fonti vicine al ministro dell'Economia, che in prima linea ha affrontato le fibrillazioni anche nel suo stesso partito. I senatori della Lega, infatti, la notte scorsa hanno opposto un netto muro quando Freni ha annunciato che non sarebbe stato riformulato l'emendamento sull'allungamento formale dell'età pensionistica.
Un concetto ribadito in una telefonata franca del capogruppo leghista Massimiliano Romeo a Giorgetti che, ha raccontato il senatore, ha rimarcato le insistenze dei tecnici del Mef e della Ragioneria. C'è chi racconta che lo stralcio della misura sia arrivato anche dopo minacce clamorose, ma "è esagerato dire che abbiamo messo sul tavolo la tenuta del governo - precisa una fonte leghista di primo piano -. Era un fatto di sensibilità politica, andavano sistemate delle cose che non funzionavano".
Poco più tardi, a cavallo della mezzanotte, la spaccatura è stata sanata in un'altra call con lo stesso Giorgetti, Ciriani, Freni, la Ragioniera dello Stato Daria Perrotta e i due sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari. In quella situazione è stato messo in chiaro l'input di Meloni.
La premier avrebbe preferito di gran lunga che il problema fosse gestito e risolto dietro le quinte, senza uno showdown in commissione che ha dato il fianco alle critiche delle opposizioni. E si sarebbe spazientita quando è arrivata in extremis la proposta (di Lavinia Mennuni, del suo partito) di aggiungere un ordine del giorno per impegnare Bankitalia a un'informativa semestrale sull'oro: basta, bisogna chiudere senza altri intoppi.
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