L'Iran, gli Usa, il calcio, è allerta Mondiali

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Una brutta gatta da pelare per la Fifa in vista dei Mondiali 2026 in Stati Uniti, Canada e Messico.

I rapporti tra Iran e Usa sono all'apice dello scontro e, se non torneranno quantomeno accettabili, la partecipazione della squadra di Teheran alla Coppa del Mondo rischia di diventare un caso diplomatico. Anzi, lo è già, a prescindere dalla tregua di queste ore.

La nazionale iraniana si è qualificata per la fase finale da tempo, e nulla lascia intendere che possa decidere di rinunciarvi. Ancora più inverosimile l'ipotesi di un bando.

Ma la sua partecipazione solleva questioni logistiche, etiche e di sicurezza che ormai non fanno più dormire sonni tranquilli agli organizzatori. Anche al di là dei silenzi diplomatici di queste ore, in cui a parlare sono state purtroppo le armi La Federazione mondiale, guidata da Gianni Infantino, è consapevole di tutte le problematiche e sta già lavorando alla ricerca di una qualche soluzione. Ma al momento evita di toccare l'argomento, almeno ufficialmente. Il livello di preoccupazione è altissimo. La parola d'ordine è che mancano ancora 12 mesi all'evento. Un modo utile per prendere tempo e rinviare le polemiche. Ma non il problema.

 L'Iran è nella lista di Paesi i cui cittadini, secondo le nuove regole dell'amministrazione Trump, non possono più mettere piede negli Usa. Un problema non da poco. Se infatti è possibile immaginare una deroga per calciatori e allenatore, difficile che questa possa essere estesa a tutti i componenti dello staff, inclusi gli addetti alla sicurezza. E difficilmente gli iraniani potrebbero accettare di affidare la propria squadra nazionale in custodia al "nemico" americano in un clima di odio e guerra fredda tra le due nazioni. Come da tradizione anche di altri Paesi "politicamente" sensibili, come Israele, anche le delegazioni sportive dell'Iran viaggiano da sempre in giro per il mondo con una ampia rappresentanza di dirigenti, direttamente o ufficiosamente legati al governo di Teheran. Quali e quanti visti l'amministrazione Trump accetterà? E come sarà gestita la difesa della nazionale iranaiana da eventuali pericoli esterni? La questione chiama direttamente in causa Gianni Infantino. Il presidente ha ottimi rapporti con Donald Trump al punto da aver portato, non senza qualche imbarazzo, la Juventus alla Casa Bianca proprio mentre il tycoon stava gestendo le operazioni di bombardamento dei siti nucleari in Iran. Ma è da anni che la Fifa di Infantino sta spostando il baricentro del calcio mondiale verso gli Usa: oltre alla Coppa del Mondo 2026, c'è il Mondiale per club attualmente in corso proprio negli States.

 Fiumi di denaro, grazie alle sponsorizzazioni, che rendono il peso specifico degli Usa molto più importante che in passato. I nuovi equilibri, che tra l'altro non piacciono alla Uefa, sono determinati anche dall'altro pilastro dell'era Infantino: l'apertura agli arabi con i Mondiali del Qatar e l'incoraggiamento delle numerose iniziative saudite nel mondo del pallone.
 

Il prossimo Mondiale che nelle intenzioni degli organizzatori dovrebbe unire i popoli, potrebbe invece trasformarsi in uno scenario per uno scontro istituzionale. Secondo alcuni retroscena apparsi sui media inglesi, la Fifa sarebbe preoccupata della situazione e non avrebbe escluso l'idea che l'Iran possa giocare le partite di girone in Messico e Canada ovvero negli altri due paesi co-organizzatori della Coppa del mondo. Il problema però si porrebbe nuovamente qualora gli iraniani si qualificassero per le fasi successive con la possibilità concreta di dover giocare negli Usa.

Al momento vige la regola dell'attesa e del silenzio su una questione che nei prossimi mesi potrebbe però diventare sempre più pressante.

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