L'Europa vuole tenere per sè le nuove tasse su benzina e riscaldamento domestico

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Per il Financial Times la Commissione si preparerebbe a dirottare parte degli introiti della nuova Carbon Tax in arrivo dal 2027 per coprire i propri debiti: si tratta di una misura che vale 750 miliardi di euro

Gianluigi Giannetti

18 giugno - 00:16 - MILANO

Bruxelles avrebbe intenzione di utilizzare buona parte dei proventi delle nuove tasse comunitarie in arrivo dal 2027 su carburanti per auto e riscaldamento domestico non per sostenere progetti a favore dei cittadini, ma per finanziare le proprie strutture e ripagare gli interessi sul debito accumulato. Potenzialmente, coprire anche spese militari. Questa la clamorosa indiscrezione racconta dal Financial Times, che anticipa la presentazione a metà luglio da parte della Commissione di una proposta per ridistribuire nel periodo 2028-2034 i proventi della già discussa carbon tax introdotta dalla direttiva europea 2023/959 del 10 maggio 2023. Si tratta di un nuovo sistema di tassazione aggiuntiva rispetto alle accise nazionali, battezzato Ets 2, che andrebbe a penalizzare in misura determinante i combustibili per autotrazione e riscaldamento. Una misura che potrebbe generare oltre 700 miliardi di introiti per Bruxelles tra il 2027 e il 2035, determinando un aumento dei costi per i cittadini che gli analisti considerano piuttosto importante. Oltre al danno, il Financial Times segnala l’eventualità della beffa, con una cifra non inferiore ai 30 miliardi di euro ogni anno utilizzata per coprire il fabbisogno di denaro sempre più imponente dell’Unione.

Il meccanismo

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La nuova direttiva europea 2023/959 del Parlamento e del Consiglio del 10 maggio 2023 introduce una profonda riforma del sistema Ets (Emission Trading System) che regola lo scambio di quote di emissioni di CO2, il mercato che dal 2005 ha permesso alle aziende di alcuni specifici settori energetici ed industriali, sostanzialmente, di acquistare il permesso di inquinare. La nuova direttiva si estende al trasporto via nave, ma soprattutto prevede la creazione di un nuovo mercato delle emissioni destinato al riscaldamento domestico e ai trasporti su gomma. In pratica, le aziende petrolifere dovranno pagare per la CO2 emessa nella fabbricazione di carburanti, ma il costo aggiuntivo è destinato a scaricarsi inevitabilmente sul prezzo finale di benzina e gasolio.

Affari verdi

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Il primo passo per comprendere il rischio è spiegare con semplicità il meccanismo dei crediti di CO2, che si basa su aziende che investono in progetti di salvaguardia dell’ambiente e di cattura o riduzione dei gas serra, guadagnandone in cambio dei titoli, delle “azioni verdi” che poi mettono regolarmente in vendita. Vengono acquistate da imprese che per la natura delle lavorazioni si cui si occupano emettono grandi quantità di CO2, dunque sono in debito. Il credito acquistato e pagato in euro per tonnellata di CO2 lo bilancia, e nella pratica consente di continuare ad emettere. Banalizzando, i "cattivi" comprano buone azioni.

prezzi in decollo

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Secondo le proiezioni della Iea, International Energy Agency, il nuovo mercato di quote CO2 coinvolgerà un numero clamorosamente superiore rispetto agli operatori del sistema attuale, tanto da far lievitare la richiesta, dunque i prezzi delle azioni verdi in vendita per effetto della mancanza di una corrispondente quantità di società impegnate a generarle, con progetti ambientali che richiedono tempi sempre più lunghi per essere realizzati. Una crescita esponenziale della domanda potrebbe portare ad un prezzo per tonnellata di CO2 pari a 200 euro, ovvero 53 centesimi per litro di gasolio e 47 centesimi per litro di benzina. Guardando al riscaldamento domestico, le analisi di BloombergNEF lasciano intravedere un aumento del 41% delle bollette.

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