Juric sul filo: due partite per tenersi l'Atalanta. Tutto quello che non va nella Dea

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Gioco e atteggiamento peggiorati, alcune scelte controverse, difficoltà nel gestire il turnover: serve un’altra squadra contro Marsiglia e Sassuolo, altrimenti...

Andrea Elefante

Giornalista

3 novembre - 07:34 - MILANO

Le telecamere di Udine hanno riassunto bene un sentimento ormai comune, nell’Atalanta, fissando in due momenti diversi della gara di sabato lo sguardo del presidente Antonio Percassi e di Ivan Juric: entrambi tormentati da dubbi e dunque entrambi quasi sgomenti, per usare una sintesi. Il tecnico lo è stato anche con le parole successive: "Oggi ci sono rimasto male". Non solo lui, ovviamente. Per questo da ieri e, salvo disastri mercoledì a Marsiglia, fino a domenica (Atalanta-Sassuolo), il tecnico viaggerà sul filo: per ora non del baratro dell’esonero, ma dell’osservazione sì, da parte del club. E pure della squadra ovviamente: sarà fondamentale anzitutto il giudizio del campo, dunque dei giocatori e della loro reazione, anche ieri sollecitata da Juric alla ripresa degli allenamenti. Un parametro importante per conoscere altre verità sull’attuale grado di connessione fra il gruppo e il tecnico, che venerdì aveva detto "Non vorrei più vedere un primo tempo come quello di Cremona" e a Udine si è voluto soffermare sul "body language di qualcuno", e non era un complimento. Dunque sulle reali chance del croato di raddrizzare questa situazione. 

Club preoccupato

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Ciò che si sa già è che il club, al di là delle dovute, pubbliche professioni di fiducia, è preoccupato. Non solo ma anche dal calendario - ancora da affrontare Napoli, Inter e Roma, le prime tre - e dalla classifica (fino a stasera 10° posto, e poi chissà): non serve sottolineare l’importanza, di status raggiunto e anche economica, del giocare in Europa. Avanti così, è incombente il rischio anonimato: l’unica parola che non si sarebbe mai potuta accoppiare, in un passato che non va rinnegato, alla Dea. Che è nata per altre ambizioni. Per questo la consistenza degli alibi di Juric - squadra nuova, l’estate di Lookman, gli infortuni - si sta un po’ assottigliando, in parallelo con l’insinuarsi di un quesito: quanto del progetto di gioco e della proposta mentale dell’allenatore ha fatto davvero breccia nella squadra? 

Il paradosso

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Le criticità da analizzare sono sostanzialmente tre. Scadimento del gioco e dell’atteggiamento psicologico; perplessità su certe valutazioni di Juric alla base delle sue scelte tecniche e tattiche; soprattutto una sospetta difficoltà nel gestire la profondità di una rosa che merita altra classifica. Oggi, paradosso, la squadra gioca peggio di quando era in emergenza: si è come incartata. È più spesso poco aggressiva, sotto ritmo, ha perso una certa fluidità nella ricerca di soluzioni offensive pulite ed efficaci. E non ci si può fermare ad una buona solidità difensiva (a ieri sera quinta difesa del torneo) se si è l’Atalanta, e si ha un attacco così completo, però ingolfato. 

Altalena

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In più la Dea continua ad avere opposti impatti sulle partite, e ultimamente motivazioni troppo dipendenti dal livello presunto della rivale. Ad alternare una prova convincente ad una negativa: troppo poca continuità fra una gara e l’altra, e più volte “dentro” la stessa gara. A partecipare al festival delle occasioni e dei primi tempi (a Udine anche il secondo) perduti. Sabato ha avuto il 60% (era il 71% dopo un’ora) di possesso palla per partorire zero tiri in porta, ma in compenso 120 palle perse a fronte delle 55 recuperate: la sua azione migliore in 90’ è stata quella di un gol annullato per fuorigioco. 

Le scelte e il turnover

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Poi, a fronte di alcune idee vincenti che hanno visto una partenza della Dea anche più brillante di quanto immaginato, ci sono pure decisioni di Juric meno convincenti: Lookman per due volte riferimento centrale prima di tornare a fare l’esterno. Mai insieme dall’inizio il nigeriano e Sulemana. De Roon centrale difensivo, e non per emergenza. Qualche cambio forse tardivo. A Cremona il passaggio al 4-2-3-1 solo incassato il gol di Vardy e a Udine, a qual pro?, solo a 6’ dalla fine. Con questi interrogativi si intrecciano i timori legati allo sfruttamento del vasto (ci può mai essere un troppo, giocando ogni tre giorni?) potenziale tecnico. Con un turnover che a giudicare da certe risposte - e dai risultati - non sempre è stato digerito bene. E ha via via finito per penalizzare qualcuno, anche chi lo aveva sfruttato bene, invece di giovare. Rotazioni a volte drastiche (tutto l’attacco cambiato a Udine) e a volte morbide, quasi ci fosse timore di scontentare qualcuno: ma qualche scontento può essere inevitabile, con tanta abbondanza di soluzioni. Il tecnico da qualche partita ha grande facoltà di fare scelte: uno spogliatoio forte deve sapere che vanno accettate, e deve saperlo farlo. E lui che non vanno sbagliate, o comunque vanno messe a profitto: proprio come le occasioni da gol.

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