Sinner protagonista del disco con Bocelli, l'attaccante del Bologna sul palco con Cremonini. Niente business, solo passione
È uscita ieri la canzone di Andrea Bocelli e Jannik Sinner, “Polvere e gloria”. Vietati i riferimenti alla sconfitta di Halle. Fallire l’accesso ai quarti dopo 19 tornei, perdere dopo 66 partite contro un avversario fuori dai primi 20 non è “polvere”. Non scherziamo. Alcaraz e Bublik hanno giocato la partita della vita. Ci sta. La “gloria” di Re del mondo è intatta. Ma le parole che Jannik recita in inglese all’interno del brano di Bocelli possono aiutare a leggere il momento di stanchezza. "Chi lavora è il vero talento", "Il lavoro ti porta in alto", "Il talento non esiste, va guadagnato". È il vangelo di Jannik, che ha sempre esaltato l’“ossessione del lavoro”. È così che è arrivato più in alto di tutti. Ma l’ossessione logora e logora l’apparato che gli è cresciuto attorno. Non c’è prodotto commerciale che non spenda la faccia di Sinner. Significa impegni, viaggi, set.
La stessa canzone con Bocelli è un’operazione planetaria. Due numeri uno. Sempre tutto al top, a mille all’ora, in campo e fuori. Jannik, che ammette "Ho bisogno di una pausa", ricorda Forrest Gump al termine delle maratone: "Sono un po’ stanchino". Forse può essere d’ispirazione lo studente Kimi Antonelli, che difende e vive la sua normalità di ragazzo. O Riccardo Orsolini che sale sul palco del Dall’Ara e canta “Poetica” con Cremonini. Nessun disco patinato, nessun business, solo musica sudata, urlata e goduta tra la gente: "Anche quando poi, saremo stanchi, troveremo il modo per navigare nel buio". Lo troverà anche Jannik. Sicuro. Vogliamo vederlo a Wimbledon con un sorriso largo come quello dell’Orso.