I nerazzurri sono in corsa per lo scudetto e in semifinale di Champions: il tecnico si gioca tutto in un mese e il club fa bene a dargli fiducia
Di solito, quando va male, il finale per un allenatore è già scritto: tante grazie per i risultati, auguri e addio. Sembra invece che l'Inter abbia scelto una strada meno emozionale: vada come vada, Inzaghi sarà confermato. Può darsi sia soltanto strategia per non affrontare il finale di stagione con protagonisti che svuotano l'armadietto e per compattare l'ambiente: il futuro nel calcio cambia ogni giorno. Ma forse è anche un giusto segnale di equilibrio: Inzaghi sarà valutato globalmente e non per l'ultimo folle mese. Non c'è tanto tempo per decidere, andare al Mondiale con il tecnico in scadenza non sarebbe la più intelligente delle mosse. Comunque Inzaghi è nato per essere in discussione. Anche se ha vinto l'ultimo scudetto, in questo se la gioca fino all'ultimo ed è in semifinale di Champions. Dopo il Bayern era un mostro di bravura, dopo Bologna e Milan un perdente che non sa gestire il momento. A Roma e Barça l'ardua sentenza.
l'inter e il perenne processo a inzaghi
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Dove sta la verità? Di sicuro Inzaghi non merita il processo quotidiano cui è sottoposto, o forse lo merita come tutti i colleghi top pagati più dei giocatori e ormai star del pallone. Una volta Rocco-Herrera e Sacchi-Trapattoni erano le eccezioni, Rivera contro Mazzola la sfida. Oggi s'impone la figura dei tecnici, più colta e ricca di sfumature non solo tattiche. Il fascino del potere. Guardiola, Klopp, Mourinho, Conte, Ancelotti, un uomo solo al comando. Inzaghi non appartiene ancora alla categoria somma, ma insegue gli dei sul gradino appena più basso. Passa tutto per un battito d'ali o un palo sfiorato: scudetto e Champions sarebbero il lasciapassare per l'Olimpo, la sconfitta non obbligherebbe a ripartire dal via come nel Monopoli, ma a rimboccarsi le maniche. Inzaghi non è quello arrivato dalla Lazio quattro anni fa. Tecnico giovane, promettente, bravo, ma ancorato a un minimalismo non sostenibile all'Inter. La gestione partita per partita nella quale è spesso insuperabile confliggeva con una visione non ancora grandangolare. L'enfasi nel puntualizzare su Coppa Italia e Supercoppa non era compatibile con una dimensione abituata all'Intercontinentale. Ha sbagliato e molti tifosi non gliel'hanno mai perdonato, vedi i famosi cambi che hanno rivoltato un derby e, con tutta probabilità, la classifica consegnando lo scudetto al Milan. Però ha imparato dagli errori.

la maturazione di inzaghi all'inter
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Un tempo insisteva fino all'autolesionismo nelle sostituzioni dopo un'ammonizione, oppure manteneva tre difensori bloccati anche se i rivali avevano mezzo attaccante in croce. Non più. Non ha subìto la Champions, l'ha studiata per migliorarsi ed evolvere. Bastoni mezzala. Barella-Calha-Mikhi invenzione geniale di una mediana rotante e pensante. Thuram grande individualista piegato alle esigenze di squadra. L'alternanza tra assalto collettivo e ripartenza. Con lui i giocatori crescono. La miglior Inter ha sincronie tra i reparti e tra le fasi di gioco sconosciute a tante big. Gli rimproveravamo tutti di non cambiare mai sistema tattico e non fare turnover. Sul primo tema è rimasto diabolicamente coerente: senza ricorrere alle mille soluzioni di Lippi, a Guardiola che si è reinventato più volte, non ci sarebbe stato niente di male a tentare qualcosa di diverso, anche per essere meno prevedibili. Mai e poi mai, e ha pagato caro. La questione turnover è diversa: il reato di cui era accusato è di "formazione a memoria", come negli anni 70, ma quando si è aperto al movimentismo qualcuno si è accorto che le seconde linee lo sono anche di fatto.
inzaghi e gli sfoghi a bordo campo
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Piuttosto, basta con l'avanspettacolo a bordo campo, e si calmi: nessuno vuol prenderlo "per il c..." se si recupera da regolamento. Ma era poi così importante il triplete? C'è chi lo rimprovera d'aver sottovalutato la semifinale: noi avremmo schierato soltanto riserve per poi concentrarsi tra Europa e scudetto. Così ora si ritrova titolari stanchi e demoralizzati. In bilico come il più spericolato degli equilibristi, Inzaghi si gioca tanto in cinque giornate di campionato e due, forse tre, di Champions. Si può perdere con il Barcellona, più forte anche se più squilibrato, senza gridare allo scandalo. Sarebbe una sconfitta finire dopo il Napoli che arrivava dal decimo posto e l'altro ieri sembrava spacciato. Il finale dipende dal tecnico ma anche da testa e gambe dei giocatori non più tutti giovanissimi. Magari Inzaghi non vincerà niente: un secondo posto e due semifinali, non solo oggi, possono essere un fallimento. Ma definirlo bollito è un tantino esagerato. Lo dicevano anche di Ancelotti prima che andasse a Madrid.