Uno studio pubblicato su The Lancet smonta anni di pregiudizi: spesso i sintomi dipendono dai FODMAPs, non dal glutine
Eugenio Spagnuolo
4 novembre - 18:19 - MILANO
Da qualche anno il glutine è finito sul banco degli imputati. Atleti e celebrità lo hanno trasformato in un nemico pubblico, influencer e food blogger su Instagram e TikTok in una minaccia per la salute. Milioni di persone si sono convinte di non tollerarlo, anche senza aver mai ricevuto una diagnosi di celiachia. Il risultato? Una valanga di prodotti gluten-free (che costano in media il 139% in più), diete restrittive e la certezza che quel malessere dopo i pasti sia colpa sua. E se ci sbagliassimo?
Una revisione appena pubblicata su The Lancet da Jessica Biesiekierski, dell'Università di Melbourne, mette in discussione questa narrazione. In un articolo su The Conversation, la ricercatrice spiega di aver esaminato oltre 58 studi condotti negli ultimi decenni, arrivando a una conclusione spiazzante: "Per la maggior parte delle persone che pensano di essere intolleranti al glutine, raramente è il glutine la causa del loro malessere".
"In tutti gli studi, le reazioni specifiche al glutine erano rare e, quando si verificavano, i cambiamenti nei sintomi erano in genere minimi" scrive Biesiekierski. "E molti partecipanti che credevano di essere sensibili al glutine reagivano allo stesso modo – o anche più intensamente – a un placebo". Non parliamo della celiachia, quella sì una malattia vera in cui il sistema immunitario attacca se stesso quando si mangia glutine, causando infiammazione e danni all'intestino. Chi ha sintomi dopo aver mangiato alimenti contenenti glutine e risulta negativo ai test per celiachia o allergia al frumento, viene etichettato come affetto da sensibilità al glutine non celiaca. Ma il problema è capire se davvero il glutine sia il colpevole. Secondo la ricercatrice non lo è. La causa del malessere andrebbe cercata altrove: nei famigerati FODMAP. "Quando le persone seguivano una dieta a basso contenuto di FODMAPs – evitando certi frutti, verdure, legumi e cereali – i loro sintomi miglioravano, anche quando il glutine veniva reintrodotto" rivela la ricercatrice.
Uno degli studi esaminati, ha dimostrato che "i fruttani – un tipo di FODMAP presente nel grano, nelle cipolle, nell'aglio e in altri alimenti – causavano più gonfiore e disagio del glutine stesso". Insomma, chi avverte disagio dopo aver mangiato glutine potrebbe essere sensibile a qualcos'altro: FODMAPs come i fruttani o altre proteine del grano. "Alcune persone potrebbero essere davvero sensibili al glutine. Ma le prove attuali suggeriscono che è raro".
glutine-fobia
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C'è poi un altro aspetto da considerare: la convinzione di essere intolleranti al glutine, fa comparire i sintomi. "Negli studi in cieco, quando le persone mangiavano glutine o placebo senza saperlo, le differenze nei sintomi quasi scomparivano" spiega Biesiekierski. "Ma chi si aspettava che il glutine lo facesse stare male sviluppava un disagio identico anche se esposto al placebo". È l'effetto nocebo, la controparte del placebo, che dimostra come convinzione ed esperienze passate influenzino il modo in cui il cervello elabora anche i segnali dall'intestino.
Le ricerche di brain imaging lo confermano: aspettative ed emozioni attivano regioni cerebrali coinvolte nel dolore e nella percezione delle minacce, aumentando la sensibilità intestinale. "Sono risposte fisiologiche reali" precisa l'autrice. "E ciò che ci dicono è che focalizzare l'attenzione sull'intestino, insieme all'ansia per i sintomi o ripetute esperienze negative con il cibo, ha effetti reali. Questo può sensibilizzare l'asse intestino-cervello, così che normali sensazioni digestive vengano percepite come dolore o urgenza". In pratica, quando il cervello prevede che un pasto possa far male, le vie sensoriali intestinali amplificano ogni crampo o sensazione di disagio, creando un'angoscia genuina. Questo spiega perché molte persone restino convinte che il glutine sia il problema anche quando gli studi dimostrano il contrario.
È tutta colpa dei fodmap
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Perché allora alcuni si sentono meglio eliminando il glutine? "Un tale cambiamento nella dieta riduce anche i cibi ad alto contenuto di FODMAPs e i prodotti ultra-processati, incoraggia un'alimentazione più consapevole e offre un senso di controllo" risponde Biesiekierski. "Tutto questo può migliorare il nostro benessere". Inoltre chi rinuncia al glutine tende a mangiare più cibi che ne sono privi e ricchi di nutrienti come frutta, verdura, legumi e noci. Ma evitare il glutine senza necessità ha un costo. I prodotti gluten-free sono molto più cari oltre che spesso poveri di fibre e nutrienti chiave. "Evitare il glutine a lungo termine può anche ridurre la diversità della dieta, alterare il microbiota intestinale e rafforzare l'ansia legata al cibo". Ecco perché per chi ha davvero la celiachia – circa l'1 per cento della popolazione – evitare il glutine per è essenziale. Ma per gli altri, probabilmente no a meno che non ci siamo prove che è davvero quello il problema.



