Il ricordo delle vittime del terrorismo con Mattarella, Meloni: 'Anni bui'

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Alla Camera dei deputati si è svolta la cerimonia di celebrazione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i presidenti delle Camere Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. 

"Consentitemi di richiamare tre nomi a cui sono particolarmente legato per la mia storia personale e politica. Il primo è quello di Sergio Ramelli, un giovane studente, militante del Fronte della Gioventù, assassinato cinquant'anni fa a colpi di chiave inglese. E poi Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci: due ragazzi del Leoncavallo per il cui omicidio, avvenuto nel 1978, la magistratura ha da poco riaperto le indagini. Una notizia che ho accolto con favore e che spero possa portare piena luce", ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa. 

"Sergio, Fausto e Lorenzo: ricordiamoli oggi, ricordiamoli insieme: un ragazzo di destra e due di sinistra - ha aggiunto La Russa - ricordiamoli e riconosciamo senza riserve il loro sacrificio e quello di tanti altri giovani di ogni colore politico che hanno pagato con la vita, la libertà delle proprie idee e il diritto costituzionale di poterle esprimere".

"A Milano sul ceppo dedicato a Sergio c'è scritto: 'In nome di una pacificazione nazionale che accomuni in un'unica pietà tutte le vittime innocenti della nostra storia come monito alle generazioni future'. Non c'è dunque un atto di accusa a chi gli tolse la vita, ma un richiamo alla pacificazione e al segnale da dare affinché fatti del genere non si ripetano più. C'è invece la parola "pietà". Penso che nella nostra mente, nei nostri cuori, alla parola pietà si debba aggiungere la parola "rispetto" - ripeto, "rispetto" - che è condizione essenziale per alimentare un autentico percorso di riconciliazione nazionale troppe volte rinviato".

"In questa Giornata così importante e dinnanzi al Capo dello Stato - ha proseguito - il mio pensiero va alle giovani generazioni verso le quali, come Istituzioni, ma anche come genitori, abbiamo il dovere di insegnare la forza della ragione e la potenza del dialogo. Raccontiamo a questi ragazzi la nostra storia".

"Raccontiamo loro di Aldo Moro e di Peppino Impastato; raccontiamo di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Luigi Calabresi; raccontiamo di Piersanti Mattarella e degli uomini e delle donne con la divisa che, come Emanuela Loi, hanno pagato con la vita la loro fedeltà in quello Stato che il terrorismo, in ogni sua forma, ha più volte colpito - ha dichiarato ancora La Russa - e insegniamo loro anche il valore del riscatto, del coraggio, dell'onestà e di quella forza morale con cui la Nazione ha saputo respingere la paura e stringersi nella corale difesa della legalità e della democrazia". 

"Ricostruire la verità storica e giudiziaria di quanto accadde all'epoca non si è rivelato sempre agevole. Su alcuni tragici episodi non è stata ancora fatta piena luce. Occorre dunque insistere nella ricerca della verità. È quindi un preciso dovere delle istituzioni porre in essere ogni azione utile affinché le vittime e i loro familiari ottengano giustizia. L'attenzione del Parlamento su questo tema è elevata", ha detto invece il presidente della Camera Lorenzo Fontana. 

"Lo dimostrano gli sforzi rivolti alla progressiva pubblicazione degli atti e dei documenti acquisiti e prodotti dalle diverse Commissioni d'inchiesta che hanno operato negli anni. Si tratta di un percorso indispensabile per rinsaldare il patto di fiducia tra lo Stato e i cittadini", ha concluso. 

Prima di recarsi a Montecitorio, il presidente della Repubblica Mattarella ha deposto una corona sotto la lapide in memoria di Aldo Moro in occasione del 47esimo anniversario dall'uccisione. Fu infatti il 9 maggio del 1978 che il corpo dell'onorevole fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in Via Caetani a Roma. 

 

La mamma di Solesin: 'Ecco l'appello di Valeria, ragazze a lavoro'

"La fuga dei cervelli rappresenta non solo una mancanza di opportunità soggettiva ma soprattutto un impoverimento culturale per l'Italia. Riguarda i giovani uomini ma soprattutto le giovani donne che trovano fatica a restare nel mercato del lavoro che è diventato sempre più precario e frammentato. Voglio fare mio l'appello di Valeria: forza ragazze..al lavoro, è la prima difesa contro la violenza di genere, l'esclusione e emarginazione sociale non sufficiente ma necessaria. Non dobbiamo privarci del lavoro delle donne e delle giovani madri ma purtroppo i segnali sono allarmanti. Su questi temi Valeria lavorava".

Lo ha detto Luciana Milani, madre di Valeria Solesin uccisa nell'attentato terroristico al Bataclan a Parigi il 13 novembre 2015 in Aula alla Camera in occasione della cerimonia di commemorazione del "Giorno della memoria", dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi.

Luciana Milani ha poi tra l'altro ringraziato gli ex presidenti del Consiglio Matteo Renzi e Mario Draghi e la premier Giorgia Meloni per l'impegno profuso nel ricordare la figlia Valeria.

"Il 13 novembre 2015 gruppi terroristi islamici compiono diversi attentati a Parigi: al Bataclan Valeria - ricorda la madre commossa - viene colpita e uccisa, è l'unica italiana. Dal 2015 altri attentati si sono succeduti in tutta Europa, la lista è veramente lunga e molti parenti sono qua in questo giorno. L'omicidio di nostra figlia ci ha gettato in una terra incognita, ci ha reso estranei alle nostre stesse vite. Cerchiamo spiegazioni ma restano gli interrogativi: siamo testimoni delle atrocità del mondo, cerchiamo di essere come Valeria ci avrebbe voluti e come siamo stati nel passato. Sappiamo che il suo omicidio non ci deve rendere peggiori", ha detto ancora la mamma di Valeria Solesin. 

Bruno D'Alfonso: ' 50 anni per la verità, lo Stato sia più presente'

"E' un onore essere qui. Tra tante storie c'è quella del mio papà, ferito mortalmente nel corso di un conflitto a fuoco con i brigatisti. Io avevo poco più di 10 anni e appresi la notizia dal Tg. Non morì subito ma al capezzale lo salutai e promisi che avrei chiesto giustizia. Le indagini si arenarono ben presto e per 50 anni" i colpevoli sono rimasti "nell'ignoto.

Mi sono adoperato e sono riuscito a far riaprire il processo sul quel caso: il dibattimento è in corso. L'ho fatto per riconoscenza, vorrei fossero sempre onorati e mai dimenticati. Io non ho perso la fiducia nelle istituzioni e nella giustizia" ma "auspico ancora maggiore presenza dello Stato affinché la verità sia perseguita indistintamente". Parla Bruno D'Alfonso figlio del carabiniere Giovanni D'Alfonso, ucciso a seguito dello scontro a fuoco con alcuni brigatisti del 5 giugno 1975, in occasione della cerimonia di commemorazione del "Giorno della memoria", dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi, che si tiene nell'Aula di Montecitorio.

Parole, quelle di D'Alfonso, a tratti accompagnate dalla commozione e che in conclusione sono state accolte da un lungo applauso dell'Aula. 

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