Il monito della Bce: 'Senza intesa sui dazi a rischio l'1% di Pil '

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I dazi di Trump minacciano una perdita di crescita economica dell'1% in Europa nel triennio 2025-2027 se non si raggiungerà un accordo con Washington entro il 9 luglio. Ma anche solo con le attuali tariffe Usa, congelate al 10% nell'attesa del negoziato, il danno è fatto: incertezza e minor export si porteranno via lo 0,7 di Pil. E nel caso di una guerra commerciale degli Usa con Ue e Cina c'è un ulteriore rischio: la deviazione di export cinese verso l'Europa potrebbe "amplificare le pressioni al ribasso" sull'inflazione. Mettendo la Bce di fronte a un quadro 'disinflattivo' e all'esigenza di portare i tassi ben sotto il 2% attuale.

A parlare sono gli scenari delle 'staff projections' Bce di giugno: gli economisti della Bce hanno confermato la crescita dell'area euro a 0,9% per quest'anno, poi 1,1% e 1,3% nei due anni successivi, sulla base degli attuali dazi 'congelati'. E' lo scenario base, destinato però a peggiorare sensibilmente nello scenario "grave", se non vi fosse intesa e i dazi tornassero ai livelli - che la Bce stima in un 28% - annunciati nel 'Liberation Day' da Trump il 2 aprile. Danni anche peggiori per Usa e Cina: l'economia americana cancellerebbe 0,7 punti percentuali della propria crescita solo nel 2026 con un'impennata di mezzo punto percentuale dell'inflazione nel 2025 e 2026 che legherebbe le mani alla Fed nel tagliare i tassi. C'è anche uno scenario positivo: quello della "rimozione dei dazi unilaterali" fra Usa e Ue, l'ipotesi 'zero a zero' con "rapida riduzione delle incertezze commerciali ai livelli pre-2018".

La crescita per l'area euro sarebbe più forte di 0,3 o 0,4 punti percentuali nel 2025-2026 rispetto allo scenario base. La Bce non lo dice, ma è uno scenario che equivarrebbe a un'inversione a U da parte di Trump sul suo programma politico. Numeri che fanno apparire la scadenza del 9 luglio come una data decisiva. Tanto più per l'Italia e Germania, i due grandi esportatori industriali dell'Europa: la seconda, secondo la Bundesbank, a rischio di una prolungata recessione. La prima di un'ulteriore peggioramento del Pil rispetto alle attuali previsioni, già tagliate allo 0,6% per quest'anno, da ultimo dall'Istat. "Serve negoziare subito, perché l'unico grande problema delle imprese dell'industria è l'incertezza" dice il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. "La preoccupazione più grande sono le ripercussioni che possiamo avere dai dazi degli Stati Uniti, perché potrebbero abbassare ulteriormente quello 0,6%, e questo per noi è un problema".

Se Trump si comporterà da 'Taco' - nomignolo affibbiatogli dal Financial Times per l'attitudine a capitolare fragorosamente dopo le roboanti minacce iniziali - o se prevarranno i 'falchi' della sua amministrazione visti i toni bellicosi verso l'alleato europeo, si gioca anche su cosa offre l'Ue: fra le ipotesi cui fa cenno Orsini, acquisti per l'80% di investimenti in difesa dagli Usa e più import di gas, oltre alla "trattativa sulle big tech". Quel che è certo è che i danni dell'offensiva protezionistica e del nazionalismo economico già si vedono e sono pesanti. Già oggi - scrive la Bce - "le esportazioni dell'area euro sono state peggiorate sensibilmente a causa dei dazi Usa, dell'incertezza sulle politiche commerciali e dell'apprezzamento dell'euro" che si è accompagnato alla crisi di fiducia nel biglietto verde." Il saldo netto commerciale "darà un contributo negativo" alla crescita pari a -0,6 punti di Pil nel 2025 e 0,1 punti nel 2026, prima di un "contributo debolmente positivo" l'anno successivo. Non basta: fra incertezza sulla direzione del commercio globale, dazi effettivi e volatilità dei mercati "gli investimenti delle imprese sono attesi in leggera contrazione nel primo trimestre 2025". La crescita è attesa in rallentamento nel secondo e terzo trimestre 2025 dopo il sorprendente +0,6% del primo.

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