I gol di Marcus, il pollice di Khephren: la lezione dei Thuram oltre le maglie

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Un abbraccio a distanza tra fratelli, lo sguardo silenzioso di un padre: c’è l’essenza dello sport, che unisce prima di dividere

Luigi Garlando

Giornalista

28 agosto - 07:08 - MILANO

Markus Thuram fa il fenomeno contro il Toro: due gol, MVP. È felice, anche perché in tribuna ci sono suo padre Lilian e suo fratello Khephren. Li cerca, solleva un braccio. Khephren risponde, fiero, mostrando un pollice. Impassibile Lilian che non tifa e non parla agli allenatori. Da padre saggio, gli basta esserci. Bel quadretto. Ma non per tutti. Una fetta di popolo juventino ha rimproverato a Khephren il pollice alto: "Sei stipendiato dalla Juve! Assurdo fare l’ok a un’avversaria da scudetto!". 

amore tossico

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Una distorta forma di difesa, amore tossico. Cosa si aspettavano? Che, per lo stipendio, Khephren diventasse Caino? I fratelli Thuram hanno restituito la corretta etimologia alla parola "competizione": il "cum" latino significava insieme. Lo sport è "inseguire insieme lo stesso traguardo". Come Sinner e Alcaraz che si allenano su campi confinanti; la pallina dell’uno rotola tra i piedi dell’altro. Poi in finale si "scanneranno" agonisticamente, come Khephren e Markus nel prossimo Juve-Inter, è lo sport, ma un amico resta un amico e un fratello un fratello. Lilian da bambino ha sofferto il razzismo, lo chiamavano Noiraude, come una mucca nera e stupida dei cartoni animati. Sua madre gli ripeteva: "Va così. Non si cambiano le cose". Invece Lilian ha lottato per cambiarle. Ai figli ha insegnato che non conta il colore della pelle. Figuriamoci quello delle maglie.

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