La gioia del movimento, dello sport, e i suoi valori come insegnamento di vita: le storie di 3 grandi campioni per celebrare il ventennale di un importante progetto
Francesco Palma
12 ottobre - 16:41 - TRENTO
Il Festival dello Sport festeggia i 20 anni di Kinder Joy of Moving, il progetto di responsabilità sociale del Gruppo Ferrero che da due decenni incentiva la predisposizione naturale dei bambini a muoversi e giocare, nella convinzione che un’attitudine positiva nei confronti del movimento e dello sport possa rendere i bambini di oggi degli adulti migliori domani. Lo ha spiegato, introducendo il talk moderato da Rachele Sangiuliano e tenutosi al Palazzo della Regione di Trento il Presidente e AD di Ferrero Commerciale Italia, Fabrizio Gavelli: “L’idea nasce da un principio semplice, ovvero che lo sport è un mezzo educativo fondamentale per i ragazzi, al di là del fatto che qualcuno possa diventare o meno un campione, è importantissimo il valore educativo ed emotivo di qualsiasi attività: 60 milioni di bambini in 35 paesi diversi hanno partecipato al progetto Kinder Joy of Moving, che comprende tanti sport diversi tra i quali scherma, vela, tennis, sci, ciclismo. Quello di Joy of Moving è un metodo scientifico, messo a punto in collaborazione con l’Università del Foro Italico di Roma, il CONI e il MIUR del Piemonte. Le storie degli atleti raccontano tutto il gruppo di valori che sta dietro al concetto di attività sportiva, al concetto di crescita fisica e mentale. Tutte le persone che hanno raggiunto grandi successi hanno avuto la stessa carica adrenalinica che hanno i bambini”.

Dello stesso avviso anche Valentina Martini, Head of Corporate Development Save The Children Italia, partner di Kinder Joy of Moving: “La partnership ha l’ambizione di contrastare la povertà educativa. Da oltre 10 anni lavoriamo con il nostro programma dei punti luce: sono degli spazi ad alta densità educativa, 27 in tutta Italia e in 15 regioni. Sono dei centri in cui i bambini e le bambine accedono gratuitamente e hanno nuove opportunità: possono svolgere di attività di accompagnamento allo studio, laboratori di lettura, laboratori artistici. Per questo abbiamo pensato fosse importante lavorare insieme a Kinder Joy of Moving su questo metodo scientifico che tanto bene sta facendo. Mi piace ricordare lo stupore dei bambini invitati da KJOM a Marina di Grosseto con la campionessa Alessandra Sensini: venivano da Roma e non avevano mai visto il mare, e mi colpì la bellezza del loro stupore. E una volta un’educatrice di Casal di Principe mi disse “Queste occasioni ci fanno sentire meno soli". Sono quei momenti che ci fanno capire che questa è la strada giusta”.

20 anni di Kinder Joy of Moving e le storie dei campioni: Yuri Chechi
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A celebrare l’evento, 3 grandi campioni che in questi anni hanno fatto tanto per Kinder Joy of Moving: Yuri Chechi, Flavia Pennetta e Filippo Macchi. “Il concetto di Joy Of Moving per me è molto preciso” racconta Yuri Chechi, Ambassador KJOM, oro olimpico nella ginnastica artistica ad Atlanta 1996 e Bronzo ad Atene 2004: “Sono sempre stato piccolo di statura e faticavo a relazionarmi con gli altri bambini, i miei genitori con grande intelligenza mi hanno stimolato a fare tanti sport affinché trovassi qualcosa che mi divertisse. Ne ho praticati diversi, ma mia sorella faceva ginnastica e quando ho provato ho capito fin da subito che sarebbe stato il mio sport, perché mi sono divertito, ho provato davvero la gioia di cui parliamo oggi. E poi lo sport è una scuola di vita, ti insegna delle cose che applichi anche al di fuori dell’attività che pratica: per questo sono felice che i miei figli facciano sport, non affinché diventino dei campioni ma per far capire loro dei valori fondamentali anche nella vita. Lo sport insegna una cosa che tutti nella vita dobbiamo imparare: perdere. Perché nello sport, come nella vita, capita di perdere, e questo ti insegna ad affrontarlo”.
flavia pennetta
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“Lo sport nella mia famiglia è sempre stato molto presente” racconta Flavia Pennetta, ex campionessa di tennis (WTA numero 6 al mondo e vincitrice degli US Open 2015) e Ambassador di KJOM Tennis Trophy: “Mio padre era un grande appassionato, non solo di tennis ma anche di basket e calcio: la bravura di un genitore sta nell’accompagnare i figli ma anche lasciarli andare, lasciarli scegliere. Loro mi hanno sempre supportata e sopportata, e alla fine ho ottenuto molto più di ciò che sognavo. Avevo i poster dei miei miti, di Monica Seles: fino ai 10 anni ho provato tantissimo sport, dal basket alla pallavolo fino alla corsa campestre, per un po’ ho pensato anche di diventare una ballerina classica, ma il tennis c’è sempre stato e alla fine è stata una scelta naturale, un percorso che mi ha portata a scoprire l’amore per questo sport. L’attività fisica permette di portare i ragazzi fuori da una dimensione come quella digitale che può creare dipendenza e isolare. I bambini devono stare all’aria aperta, provare, cadere, rialzarsi, e noi genitori magari dovremmo preoccuparci un po’ meno se ogni tanto si sbucciano un ginocchio. L’appoggio delle federazioni, di Kinder che ha sempre sostenuto tutti gli sport, è fondamentale. Come in tutti gli aspetti dello sport non ci sono solo gli atleti, ma i team: senza una squadra dietro di te non è possibile fare nulla. Il Tennis Kinder Joy of Moving coinvolge tantissimi ragazzi, grazie agli ultimi risultati è uno degli sport più seguiti in Italia: essere a contatto con i bimbi piccoli è bellissimo. E soprattutto noi dobbiamo dare la possibilità di provare, poi non è detto che tu debba vincere per forza una medaglia olimpica, ma lo sport dà la possibilità di diventare campioni nella vita”.
filippo macchi
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In casa di Filippo Macchi (argento olimpico individuale e a squadre a Parigi 2024) la scherma è sempre stata di famiglia, visto che il nonno paterno fondò il Gruppo sportivo Navacchio a Cascina, provincia di Pisa: “Mio nonno è stato il mio primo maestro. E questo mi ha consentito di creare con lui un rapporto speciale, da nonno-maestro. Mi ha tramesso la gioia per questo magnifico sport che pratico da quando sono nato. Ho giocato anche a calcio e praticato karate, ma la scherma ha sempre prevalso. Per chi fa scherma Kinder Joy Of Moving è anche il Gran Premio Giovanissimi, quella era “la” gara, la più importante. Ci sentivamo veramente degli atleti veri per le attenzioni che ci venivano rivolte. Ho il rimpianto di non averlo mai vinto, ma forse proprio questo mi ha dato ancor più determinazione per arrivare in alto: ho sempre pensato che le medaglie si vincono in allenamento, con il lavoro quotidiano. Chiaramente in tutto questo il divertimento ha svolto un ruolo fondamentale. Sono sempre stato un burlone fin da piccolo e lo sono ancora: poi ovviamente ci sono dei momenti più seri, ma il divertimento di fare questo magnifico sport c’è da quando mi alzo la mattina a quando vado a letto la sera. Lo sport mi ha insegnato tutto: ora sto studiando all’Università perché laurearmi è sempre stato tra i miei obiettivi. La determinazione che metto ora sui libri – se non capisco una cosa ci sto un’ora e mezza finché non ci arrivo – è la stessa che metto nello sport, e senza lo sport probabilmente non ci sarei riuscito. Studio e sport vanno di pari passo”.