
La storia romana di un direttore sportivo mai amato nell'ambiente anche per non aver mai utilizzato la lingua italiana, alla fine "esonerato" dai Friedkin
Alessio D'Urso
17 giugno - 19:42 - ROMA
Quando aggiorneranno il grande libro dei dirigenti della Roma durati pochi mesi e allontanati in poche ore, qualcuno indicherà anche il nome di Florent Ghisolfi cercando di ricordare qualche traccia di empatia con l’ambiente e qualche parola in italiano lungo il breve percorso del dirigente francese in giallorosso: poco, molto poco, a dire il vero. Per il 40enne ex Nizza in uscita da Trigoria, il suo bunker, parlano soprattutto le operazioni di mercato. E purtroppo per lui, giovane di belle speranze nel mondo della grande dirigenza calcistica internazionale, non sono affari che passeranno alla storia. Anzi. Perché il sedicesimo dirigente cacciato in 5 anni di presidenza Friedkin (con lui via anche il team manager venuto dal Nizza, Simone Ricchio) ha collezionato alcuni flop eclatanti che rischiano di pesare sul presente e sul futuro del club. Mantenendo peraltro con il mondo esterno alla Roma, nonostante tutto, un atteggiamento di scarsa condivisione. Che fa a pugni, invece, con l’approccio dell’esempio che il ds ha avuto accanto per quasi nove mesi: quel Claudio Ranieri, enciclopedico e uomo di mondo, che si è mostrato all’esterno continuamente parlando anche al posto suo: di mercato e strategie.