All'Eurovision Song Contest non c'è
solo l'Italia rappresentata da Lucio Corsi. C'è l'estone Tommy
Cash con la sua Espresso Macchiato, ci sono Kolë Laça e Beatriçe
Gjergji' per l'Albania che da anni vivono nel nostro Paese, c'è
Mariana Conte per Malta, con padre italiano, ma c'è soprattutto
Gabry Ponte, "con la bandiera di San Marino, ma i colori
dell'Italia". Il dj e producer è pronto a far ballare il
pubblico con Tutta l'Italia, quarto a livello globale per
Spotify tra gli ascolti dei brani all'Eurovision Song Contest,
ospitato a Basilea.
"Sono molto contento dell'accoglienza anche internazionale
che ha ricevuto il brano. Ma non credo sia un fattore che
influisce sulla gara: siamo all'interno di un contest con
diversi fattori. Non c'è solo la musica, i numeri, ma anche la
performance. E noi abbiamo messo in piedi una rappresentazione
che rispecchi il mood del pezzo. Una festa da ballare, per
portare un po' di italianità in Europa. E dato che c'è tanta
Italia, ed è un buon momento per noi, statisticamente sembra più
facile portarla sul podio".
Dalla vittoria, Gabry Ponte dice di non essere
particolarmente ossessionato, "il mio obiettivo è fare un bello
show. Io tifo per Lucio Corsi, mi auguro arrivi più in alto
possibile, anche perché non porta avanti solo la bandiera
italiana, ma anche quella del cantautorato. Certo, dato che gli
italiani non possono votare per lui, possono votare per me. Non
per l'Italia, ma per Tutta l'Italia", scherza Ponte che non
sembra preoccupato delle piccole scaramucce che negli anni hanno
visto contrapporsi l'Italia e San Marino, per i voti mancati di
quest'ultima (nel 2017, dopo lo sgambetto a Francesco Gabbani,
ci fu la burla della modifica della pagina Wikipedia che
annunciava lo spostamento di San Marino dall'Italia).
"Sono troppo romantico: penso che la musica sia fatta per
unire le persone, soprattutto in un contesto come l'Eurovision
nel quale non importa la lingua o il Paese e dove la musica
diventa messaggio di pace e unità. Le persone che ascoltano la
musica possono farlo senza troppe sovrastrutture politiche". Di
certo non la pensano così i sostenitori pro-Palestina,
mobilitatisi contro l'artista di Israele, Yuval Raphael. "La
musica deve essere svincolata dal messaggio politico, c'è chi la
strumentalizza ma non è giusto".
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