Fibrillazione atriale: un batterio gengivale aumenta i rischi

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Una semplice gengivite batterica o una parodontite aumentano fino a cinque volte il rischio di ictus

Giacomo Martiradonna

5 giugno - 18:06 - MILANO

Il cuore al cardiologo, il fegato all'epatologo, i denti al dentista o al massimo allo gnatologo, e così via. Anche se nella percezione comune tendiamo a considerare la medicina suddivisa in specialità distinte, il corpo umano è un sistema complesso e interconnesso, in cui le condizioni di un distretto possono influenzare quelle di un altro in modo anche significativo. È il caso del legame tra infezioni croniche e malattie sistemiche, un campo di studio che continua a mettere in luce connessioni biologiche un tempo insospettabili. Un esempio? La relazione tra malattie gengivali e salute cardiovascolare: un recente studio suggerisce che un batterio presente nella bocca, il Porphyromonas gingivalis, possa avere un ruolo diretto nello sviluppo della fibrillazione atriale, la più comune delle aritmie cardiache.

Fibrillazione atriale, Aritmie e parodontite

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La ricerca, pubblicata sulla rivista Circulation e coordinata da studiosi dell’Università di Hiroshima, ha indagato sugli effetti del batterio Porphyromonas gingivalis nei modelli animali. È emerso che il microrganismo, associato alla parodontite, riesce a penetrare nel sangue e a raggiungere l’atrio sinistro del cuore. È qui che forma piccole cicatrici che alterano l’architettura del tessuto cardiaco. Secondo i ricercatori, questo processo può compromettere la normale conduzione dell’impulso elettrico nel cuore e aumentare il rischio di aritmie. "La relazione causale tra parodontite e fibrillazione atriale è ancora sconosciuta, ma la diffusione dei batteri parodontali attraverso il flusso sanguigno potrebbe collegare queste condizioni", osserva Shunsuke Miyauchi, primo autore dello studio e ricercatore all’Università di Houston. Nel modello murino utilizzato, già dopo 12 settimane si sono osservate alterazioni fibrotiche del tessuto cardiaco nei topi esposti al batterio. Dopo 18 settimane, il rischio di sviluppare aritmie era 6 volte superiore rispetto ai controlli. Inoltre, nei cuori dei topi infetti è stata riscontrata la presenza del medesimo ceppo batterico introdotto in precedenza nella polpa dentale. I topi non infetti, al contrario, non presentavano segni né orali né cardiaci del microrganismo.

fenomeno osservato anche nell’uomo

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Le osservazioni sui modelli animali trovano un riscontro preliminare anche nei dati raccolti su pazienti umani. Analizzando campioni di tessuto prelevati dall’atrio sinistro di 68 persone con fibrillazione atriale, operate al cuore, i ricercatori hanno rilevato una maggiore presenza di Porphyromonas gingivalis nei soggetti con parodontite avanzata.

Il dato rafforza l’ipotesi di un meccanismo che va ben oltre la semplice infiammazione cronica: l’infezione gengivale sembra in grado di contribuire direttamente alla fibrosi cardiaca, con potenziali implicazioni cliniche di ampio respiro. Tracce genetiche del batterio sono state individuate non solo nel cuore dei soggetti interessati, ma anche nelle valvole e in placche aterosclerotiche, il che suggerisce una diffusione sistemica.

Il Porphyromonas gingivalis è già da tempo sotto la lente del microscopio degli studiosi, per il suo possibile coinvolgimento in patologie come il diabete e alcune forme neurodegenerative. I nuovi risultati tuttavia suggeriscono che anche il cuore possa rientrare tra gli organi interessati dalla sua attività. La salute orale, in altre parole, non si traduce solo in un bel sorriso: molto probabilmente è una componente chiave della prevenzione cardiovascolare.

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