L'attrice alla kermesse presenta 'La Lezione' di Stefano Mordini, dal 5 marzo 2026 in sala

22 ottobre 2025 | 18.56
LETTURA: 3 minuti
"Sicuramente la mancanza di protezione istituzionale ha un peso. L'idea di non essere credute, di non essere viste, di essere abbandonate - che è proprio l'obiettivo delle persone violente e manipolatrici - è centrale nel perpetuare la violenza. Gli stalker mirano a isolare la vittima, allontanandola dai propri affetti, fino a farle dubitare della realtà stessa. Quando ti tolgono ogni base d’appoggio, cadere è inevitabile. Restare in piedi richiede una forza superiore". A parlare all'Adnkronos è l'attrice Matilda De Angelis alla Festa del Cinema di Roma con 'La Lezione' di Stefano Mordini. L'interprete - che torna alla kermesse venerdì con 'Dracula' di Luc Besson - sottolinea anche come la mancanza non sia solo da parte delle istituzioni: "Nelle cronache vediamo come queste situazioni vengano sottovalutate anche dai familiari, dagli amici e dalle persone che gravitano attorno alla vittima. A volte si instaurano delle dinamiche di vergogna, spesso si ha paura di parlare di certe cose". Nel film "Elisabetta (il personaggio interpretato da De Angelis, ndr) prova a esprimere il proprio disagio, ma viene rassicurata perché nella nostra cultura non si vuole credere che certi pericoli possano toccarci. Ma proprio questa svalutazione dei segnali è il primo passo verso il dramma".
Dal 5 marzo 2026 nelle sale con Vision Distribution, il film - tratto dall'omonimo romanzo di Marco Franzoso (edito da Mondadori) segue una giovane e brillante avvocatessa di Trieste (De Angelis) che, dopo aver difeso con successo dall'accusa di violenza sessuale un professore universitario, viene ricontattata da lui per intentare una causa contro l'università che, pur avendolo reintegrato, lo relega a un ruolo marginale. Nello stesso momento, il suo passato torna a cercarla: strani segnali, presenze elusive e un senso di costante minaccia le insinuano il dubbio che il suo ex compagno, violento e ossessionato da lei tanto da essere stato condannato per stalking, abbia ripreso a perseguitarla. Mentre il confine tra realtà e immaginazione si fa sempre più labile, Elisabetta si decide a scoprire la verità, in un crescendo di tensione che la porta a ritrovarsi sola e a mettere in discussione tutto quello che credeva di sapere.
"La responsabilità parte dai gruppi familiari, comunità, società, cultura e Stato e andrebbe tracciata in quello che è nella contemporaneità: l'idea del controllo che non sia a possesso, l'amore che non diventi possesso. Questo è un concetto fondamentale che in realtà ci sta sfuggendo un po' di mano o ci è sfuggito drammaticamente di mano", riflette il regista e sceneggiatore Stefano Mordini, che sottolinea come ci sia la necessità di "fare un grosso lavoro dal punto di vista culturale. Però ci rifiutiamo di farlo perché, perché come dice il film, bisogna assumersi il coraggio di dire la verità anche contro sé stessi". Questa società "è avvolta dentro una forma di edonismo ed egocentrismo che perde il controllo del rispetto dell'uno verso l'altro". Sui meccanismi della manipolazione, il co-protagonista Stefano Accorsi dice: "Gli stalker e i manipolatori sono abilissimi a nascondere il proprio gioco", prosegue l'attore, "affrontando la materia, anche rispetto al film, ci si rende conto che le situazioni sono molto più complesse e sottili, spesso, e che certi che sembrano così evidenti, sono la punta di un iceberg. Io credo che se uno si rendesse conto di quello che sta succedendo è bene cercare veramente di stare vicino alla persona, infrangere questo muro di solitudine che le hanno creato intorno". E la manipolazione "fa sì che tu cominci a credere che la realtà sia quella che ti viene raccontata, non più quella che hai pensato che fosse". In questo "penso che ci debba essere una sinergia sia da parte delle persone, della famiglia, della società e da parte delle istituzioni per semplificare al massimo il meccanismo", conclude Accorsi.
Tag
Vedi anche