Un test rapido, non invasivo e da autosomministrarsi a casa promette di rilevare nel sangue mestruale la presenza di una proteina associata all'endometriosi. L'esame, per ora sviluppato in fase di prototipo, potrebbe accorciare il complesso iter necessario per raggiungere una diagnosi di questa dolorosa condizione, che colpisce il 10-20% delle donne in età fertile e per la quale non esiste al momento un unico e inappellabile strumento diagnostico.
Endometriosi: il percorso a ostacoli della diagnosi
L'endometriosi è una patologia caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale, la mucosa che riveste l'interno della cavità uterina, al di fuori della sua sede fisiologica (per esempio nelle ovaie, nelle tube di Falloppio, nell'intestino, nella vescica e nell'uretere o, più raramente, nei polmoni). Non sempre i focolai di endometriosi sono visibili e non sempre viene dato il giusto ascolto ai dolori riferiti dalle pazienti: il risultato è che la diagnosi è spesso problematica e che, in media, si arriva al responso di endometriosi dopo 7-8 anni e dopo essere passate dalla strada dell'infertilità, di cui spesso l'endometriosi è la causa.
Da prodotto di scarto a campione da analizzare
Attualmente l'esame diagnostico di elezione per arrivare a una diagnosi di endometriosi è la laparoscopia, una tecnica di chirurgia mininvasiva che permette di esplorare con uno strumento ottico organi e tessuti della cavità pelvica attraverso minuscole incisioni sull'addome e di rimuovere eventuali lesioni causate dalla malattia.
Ma è un esame praticato in anestesia generale e a tutti gli effetti un piccolo intervento, da farsi nelle fasi conclamate della patologia. Occorre sviluppare test in grado di rilevare le lesioni endometriosiche quando sono ancora all'inizio e le cure risultano massimamente efficaci.
Siccome nel sangue mestruale sono presenti frammenti di endometrio, un gruppo di ingegneri biomedici dell'Università della Pennsylvania ha pensato di usare questo liquido troppo spesso considerato un prodotto di scarto avvolto da tabù come campione da analizzare. Il team ha sviluppato un prototipo di test non molto diverso da quelli di gravidanza capace di rilevare, nel sangue espulso con le mestruazioni, la presenza di una proteina associata all'endometriosi, la HMGB1.
Come funziona il potenziale test per l'endometriosi
Gli scienziati hanno disseminato su nanofogli di borofene, un materiale bidimensionabile biocompatibile e biodegradabile fatto da un singolo strato di atomi di boro, anticorpi capaci di legarsi alla proteina HMGB1. Quando il sangue entra a contatto con la striscia del test, se la proteina è presente si aggancia agli anticorpi e la striscia si scurisce. Due lineette significano test positivo, una sola negativo.
Anche quando la proteina era presente in basse concentrazioni, come dovrebbe essere in un'endometriosi in fase iniziale, il test l'ha rilevata con una sensibilità cinque volte superiore a quella degli attuali esami di laboratorio.
Obiettivo, facilitare la diagnosi
Il test, che andrà ulteriormente validato prima di poter approdare alla sperimentazione clinica, potrebbe facilitare la diagnosi di endometriosi nei contesti rurali, distanti da strutture sanitarie e dove i consulti ginecologici siano resi più difficili da barriere culturali. Integrato in un assorbente da indossare durante le mestruazioni, permetterebbe di monitorare i livelli della proteina HMGB1 in modo discreto, economico e non invasivo. La stessa piattaforma potrebbe inoltre essere sfruttata per la diagnosi di altre condizioni, come il Papilloma virus umano o il cancro al collo dell'utero.