Di Gregorio: "Aggressività e lavoro a livello emotivo, così Tudor ha risollevato la Juve"

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Il numero uno della Juventus in 350 giorni è passato dal Monza al Mondiale: "Puntiamo a vincerlo, in bianconero è l'unico pensiero. Il tecnico mi coinvolge molto caratterialmente e anche nella manovra"

Dal nostro inviato Filippo Cornacchia

24 giugno - 07:49 - ORLANDO (STATI UNITI)

Il mondo capovolto in meno di un anno, una storia da film americano. Michele Di Gregorio in 350 giorni è passato dal Monza al Mondiale per club da titolare con la Juventus. Senza contare la lunga gavetta degli anni precedenti: dalla Serie C al nuovo torneo Fifa dei Leo Messi, Jude Bellingham, Gigio Donnarumma e Erling Haaland, che il portiere ha già affrontato a novembre in Champions e si ritroverà di fronte giovedì - a Orlando - nella sfida tra la Juventus e il Manchester City per il primo posto del girone G. Materiale in abbondanza per ispirare qualche regista statunitense. L’uomo DiGre, vinta la diffidenza iniziale nei suoi confronti e conquistata la Signora, sogna a occhi aperti, aiutato anche dalla location. Disney World, il parco giochi più affascinante del mondo, è a meno di venti minuti dall’Omni hotel, il quartier generale bianconero in Florida. Pensare in grande non costa nulla e Di Gregorio, dopo 11 mesi alla Juve, ha capito perfettamente le regole della casa reale: ambire sempre ad alzare trofei, come da richieste di John Elkann e di tutto il popolo juventino. "Vincere il Mondiale? Certo che ci pensiamo, siamo la Juventus", garantisce il portiere dopo il secondo successo consecutivo, quello contro il Wydad. La marcia a punteggio pieno, con appena un gol incassato e nove realizzati, ha aumentato la fiducia e la voglia di stupire della squadra. La conferma arriva da Di Gregorio, uno dei portavoce dello spogliatoio. Il messaggio è forte e chiaro: "Adesso è ancora più giusto credere alla possibilità di arrivare in fondo al Mondiale". 

Perché lei e i suoi compagni siete sempre più fiduciosi per il Mondiale per club? 

"Quando sei alla Juventus l’unico pensiero è vincere sempre. Dopo due vittorie nelle prime due partite del girone penso sia ancora più giusto crederci. Siamo qui per onorare al meglio la manifestazione e, siccome siamo la Juventus, anche per vincerla". 

Quanto c’è di Tudor nell’esplosione della Juventus, passata in novanta giorni dal rischio di restare fuori dalla Champions al sogno Mondiale? 

"Al di là dei discorsi e degli aspetti tattici, sempre importanti, Tudor è stato bravo soprattutto a toccare le corde giuste della squadra a livello emotivo. Quando è arrivato alla Juventus a fine marzo, noi venivamo da due sconfitte pesanti ed era difficile rialzarsi. Ma lui è riuscito". 

Qual è stata la formula giusta? 

"Tudor ci ha chiesto aggressività, tantissima corsa, intensità ed è quello che ci permette tuttora di stare bene in campo. Tanto nel debutto al Mondiale quanto contro il Wydad ho visto una squadra messa bene in campo e a livello fisico per 95 minuti". 

La stagione è la stessa, ma negli Stati Uniti sembra di vedere una Juventus nuova, più fiduciosa e meno impaurita di quella che ha strappato la qualificazione Champions all’ultimo: cosa è scattato? 

"Credo che l’obiettivo del quarto posto fosse il minimo in campionato, ma si era complicato e a quel punto tutto è più difficile. Però siamo riusciti a compattarci come squadra, con idee chiare, nette. E dopo aver conquistato la qualificazione alla Champions siamo venuti in America a giocarci questa competizione importante e bellissima contro le squadre migliori del mondo. È inevitabile avere una carica in più". 

È cambiato anche il suo modo di stare in porta con Tudor? 

"L’aggressività e l’andare in avanti sono le caratteristiche fondamentali che l’allenatore ci ha trasmesso fin dal primo allenamento. Siamo una squadra viva e aggressiva, tutti stanno alti e anche il portiere deve coprire più spazi. Tudor mi coinvolge nella manovra e a livello caratteriale". 

Contro il Wydad ha perso l’imbattibilità: le brucia? 

"È sempre importante parare, qualunque sia il risultato. Analizzeremo il gol preso, ci piace migliorare, lavoreremo in quella direzione versi la prossima gara". 

Quali portieri la stanno impressionando maggiormente in America? 

"Quelli forti sono tanti, conosco di più i portieri dei club europei, ma andando più avanti nella competizione sono sicuro che mi colpiranno anche altri". 

Se ripensa a un anno fa e al suo arrivo alla Juventus: quanto si sente cambiato e migliorato? 

"Qualsiasi stagione ti aiuta a crescere. E alla Juventus ancora di più. In una società come questa inizi a capire che devi giocare sempre per vincere e le pressioni sono sempre più grandi. Non mi vedo cresciuto in un aspetto specifico, ma proprio a 360 gradi".

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