La squadra che si troverà di fronte domani il Bologna a Bucarest è nata nel 2014, difende l’eredità della storica Steaua, ma il nome è rimasto a una squadra minore di proprietà dell'Esercito
C’è stato un tempo in cui le stelle brillavano a est. La Crvena Zvezda di Belgrado campione d’Europa nel 1991 con l’ultima folgorante fiammata della Jugoslavia in disfacimento, con i serbi Mihajlovic e Jugovic, il croato Prosinecki, il montenegrino Savicevic, il macedone Pancev. Ma prima ancora c’era stata la Steaua – “stella” in romeno – di Bucarest, il primo club dell’Est Europa a conquistare la Coppa dei Campioni, nel 1986 in finale contro il Barcellona. La Steaua, emanazione calcistica dell’Esercito romeno, aveva un giovanissimo Lacatus, il libero Belodedici (che poi avrebbe rivinto con la Stella Rossa), Boloni e Balint. L’eroe fu però il portiere Duckadam, che fermò tutte le conclusioni blaugrana: Alexanko, Pedraza, Pichi e Marcos. Steaua campione.
eroe sfortunato
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Duckadam diventò per tutti l’ “eroe di Siviglia”, ma presto cadde in disgrazia: secondo una leggenda, smentita dallo stesso portiere, il figlio del dittatore Ceausescu gli fece rompere tutte le dita per non aver consegnato al regime una Mercedes ricevuta in premio dal Real Madrid per aver battuto gli acerrimi rivali catalani. In realtà a Duckadam subito dopo il trionfo fu diagnosticato un grumo di sangue nel braccio, per il quale fu operato e che gli fece rischiare di perdere l’arto. Di sicuro gli fermò la carriera. Tre anni dopo infatti nella porta della Steaua ancora finalista Silviu Lung. Travolto dalle doppiette di Marco Van Basten e Ruud Gullit: apoteosi rossonera a Barcellona, Steaua schiacciata dal primo mattone della grandeur berlusconiana. A posteriori, quella notte può essere quasi considerata il trionfo sportivo del capitalismo sul calcio “socialista”. Pochi mesi dopo quel Milan-Steaua, infatti, cadeva a ottobre il Muro di Berlino. E come un domino tutto il blocco sovietico. Compreso il regime del terribile Ceausescu, deposto e giustiziato il giorno di Natale del 1989. Da allora, con l’unica eccezione della Stella Rossa, il calcio dell’est non si è più issato ai vertici del calcio continentale.

prestigio in calo
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La stessa Steaua ha raggiunto al massimo solo una semifinale di Coppa Uefa nel 2006. L’FCSB avversario del Bologna non può legalmente utilizzarne il nome, ma difende l’eredità della storica Steaua, la squadra più titolata della Romania. Nel 1998 il club è stato privatizzato, nel 2003 ne ha assunto il controllo il discusso affarista George Becali, detto “Gigi”, una sorta di plenipotenziario del calcio romeno. Ma il nodo della denominazione risale al 2014, quando il Ministero della Difesa romeno ha contestato la legittimità della privatizzazione. Ne è nata una disputa giudiziaria che ha assegnato all’Esercito la proprietà esclusiva sui marchi e sul nome Steaua. Il club di Gigi Becali è stato dunque costretto al cambio di denominazione in FCSB, mentre nel frattempo, nel 2017, è rinata sotto l’egida dell’esercito la Steaua, iscritta in quarta serie. Uefa e Federcalcio romena tuttavia riconoscono nell’FCSB la “vera” Steaua, con tutta la sua eredità sportiva. E così pure la stragrande maggioranza dei tifosi, a parte un gruppo storico di ultras che ha rivolto le proprie attenzione al club dell’esercito. In ogni caso, come livello calcistico, di certo il Bologna non si troverà di fronte una squadra da finale di Champions: i campioni di Romania nell’ultimo turno di campionato sono stati capaci di perdere con il Metaloglobus ultimo in classifica e languono al 13° posto.