Da Messi a Chiellini, da Cruijff a Beckham: la Mls ha attirato calciatori famosi di tutte le nazionalità
Lorenzo Cascini
4 agosto 2025 (modifica alle 17:53) - MILANO
Se da una parte l’Arabia ti offre uno stipendio faraonico, gli Stati Uniti mettono sul piatto il pacchetto completo: stile, star e soccer. Resta uno dei viali del tramonto meglio illuminati del mondo, vuoi per l’American Way of Life o per l’idea di vivere a Miami o Los Angeles. E poi attenzione, si sa, avere campioni porta campioni, alza il livello generale del campionato e l’appeal. In questo senso l’arrivo di Messi&co è stato un grande plus. Gli ultimi in ordine di tempo sono stati l’ex stella del Bayern Thomas Muller, che dopo una vita in Baviera ha scelto di chiudere a Vancouver, e Heung-min Son, che invece ha accettato di trasferirsi ai Los Angeles FC. Ma i predecessori sono illustri, vediamoli tutti.
Il primo fu Pelé
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Pelé in America è, per certi versi, considerato come Cristoforo Colombo: uno scopritore di mondi lontani. L’uomo che sbatté il soccer in prima pagina. Il calciatore che tra il 1975 e il 1977, le tre stagioni in cui si esibì negli stadi d’America, contribuì a togliere dalla nicchia lo sport degli emigranti, parola da quelle parti mai pronunciata con tono amichevole. Al tempo non c’era l’Mls ma la Nasl (National American Soccer League) e l’acquisto di Pelé era un modo per far decollare la popolarità del calcio nel Paese. In un paese dove regnano Baseball, Basket e Football, la sfida per il soccer è allettante: prendere il calciatore più forte del mondo e farlo esibire come se fosse un acrobata da circo. Per un breve lasso di tempo il piano riuscirà, anche perché “O’Rey” non sarà l’unico a esibirsi Oltreoceano.
Gerd Muller, Cruijff, Best & Co
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Come sopra, i campioni portano campioni. E quindi dopo Pelé ecco il turno di giocatori del calibro di Beckenbauer, Gerd Müller, Eusebio, Cruijff e George Best. Siamo a cavallo tra gli anni settanta e ottanta l’America sembrava destinata a diventare l’El Dorado del calcio mondiale. Anche perché chi era lì, vedi il “Kaiser”, raccontava di quanto si stesse bene lì, di come si vivesse in modo fantastico, eccetera eccetera. “Abitavo a Central Park. Il periodo più bello della mia vita" confessò il difensore tedesco. Lui, con Chinaglia e Pelé scelse i New York Cosmos, mentre Cruyff e Best scelsero i L.A. Aztecs (pur non giocando mai insieme).
Beckham riaccende la luce
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Poi vent’anni di buio. La Nasl incontra un periodo di crisi e senza stelle a illuminare. In un paio d’anni si trova costretta a staccare la corrente e chiudere baracca e burattini. Seguiranno vent’anni di buio… fino all’arrivo di Beckham. L’ex Real sarà il simbolo della rinascita del calcio negli States: nel 2007 sceglie di lasciare le Merengues per accasarsi ai Los Angeles. Galaxy. L’offerta è economicamente importante, ma è il contesto il vero piatto forte: diventare una star. Ancora di più di quanto non lo fosse. C’è Beckham sui cartelloni, nelle pubblicità, nei volantini. Ovunque. Per il suo arrivo fu introdotta anche una nuova norma sui trasferimenti, poi rinominata “Regola Beckham”. In sostanza? Una deroga all'osservanza del tetto salariale, che consentì - da quel momento - ad ogni franchigia della MLS di ingaggiare fino a tre calciatori oltre il limite del salary cap (proprio Becks fu il primo a beneficiarne).
Nesta, Pirlo, Lampard fino a Henry
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Da lì in poi, liberi tutti. A New York ricominciano a pescare dall’Europa come negli anni ottanta: arrivano in serie Pirlo, Lampard e Villa. Nesta, invece, sceglie Montreal. Ma non sono i soli. Nel 2010 anche Thierry Henry prende un biglietto per l'America e per il New Jersey: firma con i New York Red Bulls.
Passerella di campioni
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C’è chi quando se ne è andato ha lasciato frecciatine che hanno fatto storia. Vedi Ibra e il suo “e ora potete tornare a guardare il Baseball”. Nel 2018 svedese scelse i Galaxy, prima di accettare la corte del Milan e tornare in Europa. Prima di lui, sempre a Los Angeles, sbarcarono anche Ashley Cole e Steven Gerrard. Poi fu la volta di Kakà a Orlando e di Rooney a Washington (D.C. United). Drogba optò invece per Montreal e Phoenix, mentre Schweinsteiger volò a Chicago. E ancora Douglas Costa e Bale (pure loro ai Galaxy), Higuain e Matuidi a Miami. Insomma, la passerella di campioni non si è mai più fermata.
Chiellini e gli italiani
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In realtà i primissimi italiani sbarcarono negli anni novanta. Due nomi illustri, mica da poco. Roberto Donadoni e Walter Zenga. Il primo solo per una stagione (lì se lo ricordano per aver inscenato la prima simulazione della storia del calcio americano), il secondo, invece, per due anni ha difeso la porta del New England. Poi dopo quindici anni toccò a Nesta. E poi Di Vaio, Bernardo Corradi, Matteo Ferrari, Vito Mannone, Marco Donadel e Giuseppe Rossi (che però in America c’è nato). C’è anche chi si è trasferito ed è diventato un vero e proprio idolo oltreoceano: Sebastian Giovinco. A Toronto è stato una star, 68 gol in 114 presenze. L’ex fantasista della Juve scelse gli Usa quando era nel pieno della carriera e fece la differenza. Da quelle parti è ancora osannato. Gli ultimi poi sono stati Bernardeschi, Criscito e Insigne a Toronto e Chiellini a Los Angeles. I primi tre sono tornati tutti indietro, Chiello ha chiuso da campione prima di entrare nella dirigenza della Juve.
Messi e il Barca 2.0
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Qui c’entrano ancora Beckham e i campioni, connessi come da un filo rosso. Già, perché l’ex centrocampista nel frattempo è diventato presidente dell’Inter Miami, l’ha portata in alto e non ha badato a spese. Chi comprare per far schizzare alle stelle l’appeal di una squadra e di una Lega intera? Messi. Detto, fatto. Nel 2023 la pulce argentina sbarca in Mls, portando con sé Jordi Alba, Busquets e Luis Suarez. Un mini Barca 2.0.
Gli ultimi colpi
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Negli ultimi anni, però, non sono stati i soli campioni a scegliere gli Stati Uniti. Gli ultimi in ordine di tempo sono stato Muller e Son. Il primo ha scelto Vancouver, il secondo di accettare la corte dei Los Angeles FC. Prima di lui anche Reus aveva deciso di volare a L.A.: oggi si troveranno in squadra insieme. Un altro che ha scelto gli States è Chupo Moting, anche lui svincolato dal Bayern. Il camerunense ha optato per New York. Un posto felice in cui chiudere la carriera.