In un'intervista di qualche mese fa alla Gazzetta, il tecnico romeno che sta per prendere le redini nerazzurre riempì di elogi i suoi futuri uomini: "Una squadra che ha un'identità di gioco precisa"
5 giugno 2025 (modifica alle 18:28) - MILANO
"Potessi, Mkhitaryan è il primo giocatore che prenderei in una mia squadra". Così parlò alla Gazzetta dello Sport Cristian Chivu l'ottobre scorso poco prima di Roma-Inter (0-1, Lautaro, per la cronaca). La panchina del Parma era ancora lontana. Quella della prima squadra dell'Inter nemmeno nei suoi pensieri o forse sì, chissà. Però il tecnico romeno, ormai in procinto di sedersi sulla panchina che è stata di Simone Inzaghi per un quadriennio, tesseva le lodi dell'armeno e non solo. "Ho visto ad Appiano come si allena - disse ancora -, la sua qualità, il modo di interagire con i compagni. Non è cosa comune nel calcio trovare giocatori che pensano di gruppo e non in termini individuali. Lui è davvero così. È intelligenza pura".
che lodi per l'inter
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Ma Chivu, in ottobre, non si era soffermato solo su Mkhitaryan. "Ragionando in assoluto, però, l’Inter ha una identità di gioco precisa - disse -: la crescita del gruppo è stata eccezionale, sotto ogni punto di vista. Roma e Inter giocano quasi a specchio, ma in realtà è un’illusione (...) Il risultato dipenderà da quello che la Roma riuscirà a fare marcando uomo su uomo ovunque. Il problema per i giallorossi è che solitamente proprio di fronte a squadre che giocano in questo modo l’Inter sa dare il meglio. Soprattutto per merito di quei due". E quei due secondo Chivu erano "Thuram e Lautaro. Due maestri nei movimenti, nel farsi trovare liberi, nel dare un riferimento ai propri compagni sia nel gioco corto sia sulla palla in verticale. Dura, davvero dura bloccarli".
Non solo lì davanti
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L'analisi di Chivu contemplava anche la difesa: "...in termini individuali adoro Bastoni: ho visto da vicino l’evoluzione del ragazzo, più passa il tempo più diventa un giocatore completo, in Nazionale gioca anche da centrale puro. Se quello può essere il ruolo del suo futuro? Io lo vedo più come braccetto. Perché in quella posizione può sfruttare meglio il suo piede nell’impostazione"
quadro generale
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Più in generale Chivu tesseva le lodi di una rosa che - in gran parte - dovrà presto guidare: "La società nerazzurra quest’anno ha costruito una squadra in grado di reggere fino in fondo, di arrivare a giocarsi tutto in qualsiasi competizione. Lo si capisce quando Inzaghi sceglie di volta in volta il turnover: il livello non si abbassa mai". E ancora: "Le rotazioni in campo, l’interscambiabilità dei giocatori. È una squadra evoluta, moderna, in costante crescita". Infine: "Cali di tensione? L’Inter in questo senso non corre grandi rischi, il club è abituato a gestire gli entusiasmi".
futuro
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Già ad ottobre, col Parma ancora lontano. E l'Inter nelle salde mani di Simone Inzaghi, Chivu si era tenuto una porta aperta: "Io all'Inter? Mai dire mai. Ma devo ancora iniziare il mio percorso. Mi sento pronto per farlo, la mia ambizione è misurarmi anche a quei livelli, però devo partire dal basso. Sto aspettando la chiamata di un direttore sportivo che mi sottoponga un progetto e che abbia piena fiducia in me". Quattro mesi più tardi è arrivata la chiamata del Parma. E a inizio giugno, a salvezza raggiunta con il club ducale, anche quella dell'Inter. Chivu ora deve cominciare a ripensare alle cose che ha detto prima di Roma-Inter. E lo deve fare in fretta. Perché l'Inter è sua.
La Gazzetta dello Sport
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